Il 'quantitative easing' della Bce si avvicina sempre di più, con il presidente Mario Draghi che avverte del rischio di un'inflazione ancora più bassa e tira dritto, pronto a procedere anche senza voto unanime: l'ipotesi che gira è di un voto già a gennaio. Ma di fronte all'annuncio ufficiale che la Bce deciderà "a inizio 2015" i mercati reagiscono con una correzione. Alla prima conferenza stampa nel nuovo grattacielo della Bce, Draghi ha spiegato che il pacchetto attuale di acquisti di obbligazioni garantite e prestiti cartolarizzati, e prestiti Tltro per il credito all'economia, è "inteso" a far salire l'attivo della Bce di circa 1.000 miliardi rispetto ad oggi. Un'espressione che va oltre rispetto a quanto detto fino ad oggi, e cioè che la Bce si "aspettava" di espandere il bilancio di 1.000 miliardi, anche se un'intenzione è meno che fissare un "obiettivo".
Un compromesso fra i banchieri centrali, che tuttavia ha ricreato una spaccatura visto che non è stato sottoscritto all'unanimità come invece era accaduto per la semplice aspettativa. C'è nuovamente la Bundesbank di Jens Weidmann a votare contro, seguita da alcune banche centrali del blocco nordico. Ma Draghi tira dritto e spiega che quelle misure di credit easing erano state concepite sulla base di previsioni di crescita e inflazione precedenti, che oggi sono state riviste al ribasso. Le nuove stime dell'Eurotower rivedono al ribasso la crescita dell'Eurozona (appena 0,8% quest'anno e 1% il prossimo) e soprattutto l'inflazione, ferma a 0,5% nel 2014, 0,7% nel 2015 e 1,3% nel 2016. Causa il petrolio in picchiata, non interamente conteggiato nelle ultime stime, "l'inflazione potrebbe scendere ancora", avverte Draghi. Una situazione che se prolungata e trasferita alle aspettative di lungo termine sui prezzi, rischia di far salire i tassi reali (al netto dell'inflazione): una stretta monetaria a dispetto della politica monetaria espansiva. E' su questo sfondo che Draghi ribadisce: "non tollereremo deviazioni prolungate" rispetto all' obiettivo di un'inflazione vicina ma inferiore al 2%.
Sul QE, acquisti ampi e massicci di titoli (debito pubblico incluso) si decide "a inizio 2015", spiega. Poco dopo, due fonti riferiscono alla Bloomberg che il voto dovrebbe essere al consiglio del 22 gennaio, la settimana dopo la fatidica sentenza della Corte di giustizia Ue sulla legittimità degli acquisti di titoli governativi. Con i tassi al limite di zero, se non funzionasse l'attuale pacchetto alla Bce non rimarrebbe che il quantitative easing: "l'acquisto dei titoli di Stato rientra chiaramente nel mandato", spiega Draghi. A Weidmann, dopo la ritrovata apparente unanimità oggi nuovamente infranta, manda a dire che "non abbiamo bisogno dell'unanimità" per decidere un eventuale 'QE', si può fare a maggioranza.
Nei mercati, dove qualcuno sperava in un 'antipasto' già oggi, magari con il via agli acquisti di obbligazioni societarie, prevale la delusione. L'euro balza a 1,24, da 1,23 di ieri proprio sulle attese per la Bce. Le Borse chiudono male, con Milano a -2,77% sui minimi da inizio novembre. Ma si sapeva - l'aveva detto il vice di Draghi, Vitor Constancio - che la Bce avrebbe deciso sul QE "nel primo trimestre". Le misure del 'credit easing' sono appena uscite e bisogna dar loro tempo di agire. Ecco perché molti avvertono che lo storno di oggi sa molto di presa di profitto. E invitano a guardare allo spread, a 125 in chiusura, con il Btp decennale che resta in area 2%: livelli che raccontano un mercato dove la Bce potrebbe iniziare a comprare presto.
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