"La notizia non è vera, non c'è l'accordo di cui si è scritto. Continuiamo a cooperare con le autorità fiscali": così un portavoce di Google commenta all'ANSA le notizia stampa secondo cui l'azienda di Mountain View avrebbe raggiunto un accordo col fisco italiano.
Secondo le indiscrezioni sull'intesa riportate dal Corriere della Sera, il gigante californiano della rete pagherà circa 320 milioni di euro di tasse su 800 milioni che riconosce come imponibile prodotto in Italia dal 2008 al 2013. La contestazione nasceva dal fatto che "i profitti della raccolta pubblicitaria nel nostro Paese venivano registrati in Irlanda e a Bermuda".
La decisione del gigante del web appare come un colpo di scena in quanto non gli sarebbero mancate le armi giuridiche per provare una resistenza a oltranza, né l'opportunità di attendere a maggio l'atteso decreto legislativo fiscale che sottrarrà "l'abuso del diritto, cioè le operazioni che, pur nel rispetto formale delle norme, realizzano vantaggi fiscali indebiti". Invece, dopo una riunione tra penalisti, tributaristi, magistrati e Gdf, è stata raggiunta un'intesa. Ha trionfato la volontà di distensione nei confronti di uno Stato.
Anche il procuratore della Repubblica di Milano, Bruti Liberati, precisa che "allo stato delle attività di controllo non sono state perfezionate intese con la società". In una nota Bruti Liberati conferma che sono in corso indagini fiscali nei confronti del gruppo, all'esito delle quali "saranno tratte le valutazioni conclusive".
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