Economia

Trump verso l'accordo con Abe, così stringe su Cina e Germania

Sponda a Giappone e sanzioni Russia per piegare export Pechino e Berlino

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Redazione Ansa

Nell'universo di Donald Trump, una volta c'era "Abe e tutti quegli altri killer", i Paesi come il Giappone che stanno "succhiando il sangue dell'economia americana".

Il weekend appena passato del premier giapponese negli Usa, seconda visita da novembre, con l' 'ospitata' nella lussureggiante residenza dei Trump in Florida del presidente americano nel resort di Mar-A-Laro, fra partite a golf e persino un giro sull'Air Force One, racconta che qualcosa bolle in pentola nei rapporti con un Paese che vanta un surplus commerciale di 70 miliardi di dollari verso Washington.

Ed è qualcosa che potrebbe raccontare come andranno le cose con la Germania, l'altra bestia nera delle politiche commerciali di Trump.

Il dietro-front così repentino dopo che Trump aveva "vilipeso Abe fino a ieri", gli abbracci (alquanto insoliti per un politico giapponese), in realtà "ci dicono che i due stanno negoziando un accordo commerciale", ci racconta Alberto Forchielli, economista esperto di Cina e di guerre commerciali e partner fondatore del private equity Mandarin Capital. 

Un accordo bilaterale in termini più favorevoli agli Usa: ci sarebbero concessioni di Tokyo su vari prodotti americani dalle auto al farmaceutico e anche un pacchetto di investimenti delle corporation nipponiche negli Usa. Ma senza ritorsioni devastanti per Tokyo. "I giapponesi ci hanno riflettuto molto e hanno capito come ingraziarsi Trump", racconta chi segue da vicino il negoziato.

Sull'altro piatto della bilancia c'è l'impegno al sostegno militare a tutti i costi a Tokyo - a partire dalla difesa delle isole contese come le Senkaku. Che viene incotnro alle esigenze di Abe, ma soprattutto mette sotto pressione la Cina: l'enorme surplus commerciale verso gli Usa, 347 milardi di dollari nel 2016, è in cima alle priorità da affrontare per della Casa Bianca. 

Con l'accordo con il Giappone, i colloqui con il Canada e il Messico che andranno per le lunghe (il Nafta è molto più complicato e colpire il Messico crea enormi problemi alle aziende americane che producono lì) si restringe il cerchio. Da una parte la Cina, dall'altra la Germania.

"L'altra grande offensiva - racconta Forchielli - sarà verso la Germania, e lo strumento principale di pressione sarà anche qui sul versante geopolitico, togliendo le sanzioni alla Russia (cosa che metterà molto in difficoltà Berlino) e negoziando con la Gran Bretagna". Ma stante il divieto di trattati unilaterali all'interno della Ue, rischiano di andarci di mezzo tutti i partner, Italia inclusa. "Rischiamo di essere un incidente di percorso" secondo Forchielli.

Insomma, vittime collaterali della guerra a Berlino, che però potrebbe concludersi con un accordo se il prossimo cancelliere metterà mano ai cordoni della spesa e degli investimenti pubblici riducendo il suo surplus record.

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