Costerebbe circa 1,2 miliardi di euro impedire l'aumento dell'età per la pensione a 67 anni. E' quanto si apprende da fonti vicine al dossier. Sarebbe quindi questa la stima dell'impatto sulla spesa pensionistica. Effetto che si produrrebbe nel 2019 se si decidesse di bloccare l'asticella a 66 anni e 7 mesi. Il congelamento della misura che prevede l'adeguamento automatico all'aspettativa di vita è al centro del dibattito sulle pensioni, visto che la decisione deve essere presa entro quest'anno. I sindacati chiedono di intervenire per evitarlo.
"Se il governo non ci dà risposte riprenderemo la mobilitazione". Così il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli, a margine dell'attivo unitario, con Cisl e Uil, sulle pensioni. "Un'iniziativa riuscita, con oltre 300 delegati" che si sono riuniti, spiega il sindacalista. Per Ghiselli "è necessario un confronto costruttivo" sulla cosiddetta fase due delle pensioni, che ha al centro le garanzie dei giovani di oggi, e sul nodo dell'età d'uscita, con l'obiettivo di "sterilizzare" l'adeguamento all'aspettativa di vita (il rischio è che si arrivi a 67 anni nel 2019).
"Valuteremo con i sindacati se il grado della discussione tecnica ci consente un confronto politico". Così il ministro del Lavoro Giuliano Poletti a chi gli chiedeva se era possibile già entro luglio un confronto con i sindacati sulle pensioni.
PENSIONI: Il primo nodo da affrontare è quello dell'aspettativa di vita che potrebbe far salire ancora l'età per l'andata in pensione dal gennaio 2019, portandola da 66 anni e 8 mesi a 67 anni. I sindacati chiedono il blocco e il ministro Poletti li ha rassicurati sulla volontà del governo di non far salire ancora il paletto per la pensione. Il governo e il parlamento, poi, stanno studiando meccanismi per aiutare i giovani nelle loro pensioni future. Il governo starebbe pensando ad meccanismo di anticipo della previdenza privata analogo a Rita, ovvero la Rendita integrativa temporanea anticipata già prevista per accompagnare l'Ape volontaria. Il presidente della commissione Lavoro, Cesare Damiano ipotizza invece una pensione contributiva di garanzia che "fissi un tetto di pensione dignitosa di almeno 1.000 euro netti, per chi ha una pensione liquidata in modo totalmente contributivo, aiutando a raggiungere questo obiettivo chi non ce la fa con i propri contributi".
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