Le banche italiane continuano a essere sorvegliate speciali. Il ministro dell'Economia assicura che i nostri istituti di credito sono "ancora" solidi ma anticipa che il governo di fronte a una nuova crisi sarebbe pronto a intervenire. Il rischio è sempre lo stesso, lo spread "alto e dannoso". Esattamente come ha sottolineato il governatore della Bce Mario Draghi, attaccato inizialmente dal vicepremier Luigi Di Maio (poi più conciliante: "nessun litigio", smorza a distanza di 24 ore) e con il quale invece il titolare del Tesoro si dice perfettamente allineato. Il giudizio sull'operato e il ruolo della Bce non è l'unica differenza che si è registrata fra il 'guardiano dei conti' e i due vicepremier 'politici' nel corso della messa a punto della manovra: "non da tecnico ma da ministro dell'economia", confessa infatti intervistato alla festa del Foglio, "avrei preferito un livello di deficit più basso, per prima cosa perchè forse non serviva". Poi, aggiunge evitando di estremizzare la divergenza, "per contrastare il rallentamento dell'economia avrei invece preferito da economista il 2,4 ma anche il 2,5%". D'altro canto, la scelta di fare un deficit "più alto del previsto è considerata quasi normale per una manovra espansiva". Il confronto tra il numero uno di via Settembre e, in particolare, il leader M5S Luigi Di Maio è stato a tratti aspro in queste ultime settimane e così Tria evita di criticarlo apertamente senza però risparmiarsi un rinnovato invito alla "prudenza": la stabilità politica e sociale, è la sua tesi, rappresentano la vera 'carta' da giocare in Europa e sui mercati. Il ministro rivendica anche la crescita, che il governo ha stimato per il 2019 all'1,5%, e spiega di non avere in cantiere alcuna revisione del pil nè a breve nè a medio termine. Di fronte a condizioni avverse, semmai - ribadisce - gli interventi correttivi alla legge di bilancio riguarderebbero la spesa pubblica e per questo mette in conto revisioni "trimestrali ma anche mensili".
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