Un lavoro certosino, fatto di attente ricognizioni, analisi e valutazioni. L'Agenzia del Demanio sta passando al setaccio gli immobili pubblici per contribuire al maxipiano di dismissioni che negli intenti del governo dovrebbe portare quest'anno nelle casse dello Stato 950 milioni di euro.
In tutto 1.600 beni saranno messi sul mercato: 400 rientreranno nella lista che il Mef inserirà in un decreto ad hoc previsto dalla legge di bilancio; altri 1.200, di minor valore ma comunque determinanti, saranno (e in parte già sono) oggetto di bandi di gara dell'Agenzia.
Dopo la lunga trattativa tra Roma e Bruxelles, a dicembre scorso è stato inserito nella legge di Bilancio un consistente programma di dismissioni immobiliari di carattere straordinario. La manovra ha stabilito in particolare che entro il 30 aprile 2019 sia approvato con un Dpcm (su proposte del Mef) un piano di cessione di immobili pubblici e siano disciplinati i criteri e le modalità di dismissione degli immobili da attuarsi nel triennio 2019-2021. Gli introiti stimati ammontano a 950 milioni per il 2019, 150 milioni per il 2020 ed altrettanti 150 milioni per il 2021. Nel programma previsto rientrano immobili di proprietà dello Stato individuati con uno o più decreti del ministero dell'Economia su proposta dell'Agenzia del Demanio (attesi entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge), disimpegnati dalla procedura di trasferimento agli Enti locali con il federalismo demaniale, infine in uso al Ministero della Difesa non più utili a finalità istituzionali individuati, sempre entro 60 giorni dall'entrata in vigore della manovra, dallo stesso Ministero della Difesa.
I decreti mancano ancora tutti, ma non per questo il processo è del tutto fermo. Dall'inizio di gennaio, l'Agenzia del Demanio ha avviato una ricognizione patrimoniale a largo spettro e ha avviato i primi contatti con gli enti locali per sollecitare la conferma o la rinuncia al trasferimento di beni. Dalle procedure di federalismo demaniale sono stati svincolati più di 800 beni inizialmente richiesti ed alcuni di questi beni sono rientrati nel piano vendite.
Da metà febbraio è stato quindi composto un primo elenco che è stato poi oggetto di approfondimenti per verificare la possibilità o meno di effettiva messa in vendita. Nella lista compare un po' di tutto: castelli; ex caserme, molte al nord (prima proteggevano i confini poi presidiavano durante la guerra fredda); ex carceri; edifici costieri; caselli e piccole stazioni; ex stabilimenti industriali e militari dismessi, terreni agricoli ed edificabili, ex aeroporti. Ma anche proprietà di tipo residenziale ed abitativo: edifici cielo-terra, appartamenti, garage, posti auto, quote indivise. Molte di queste, anche se di valore spesso esiguo, sono attualmente oggetto di vendita o lo saranno nell'anno, anche se non inserite nel decreto, attraverso bandi di gara pubblici e procedure ordinarie. Dall'inizio dell'anno il Demanio ha messo sul mercato più di 450 beni dislocati in tutta Italia, per un valore d'asta totale di 14 milioni. Le gare concluse al momento sono 9 e tra i beni aggiudicati compaiono appartamenti a Padova, Milano e Venezia (dove è stata venduta anche una ex torre telemetrica), un palazzo nobiliare a Torino, terreni agricoli in Veneto. Attualmente sono in corso 4 bandi che coinvolgono 96 beni nelle Regioni Marche, Toscana, Umbria, Friuli Venezia Giulia e Lazio. La prossima settimana sono in pubblicazione altri 3 avvisi di vendita in Abruzzo, Molise, Lombardia e Piemonte e altri se ne aggiungeranno tra giugno e luglio anche nelle Regioni del Sud. Entro l'estate toccherà ad altre case cantoniere, magazzini, locali commerciali, ma anche ad ex caselli ferrovieri ed ex caserme.
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