Il Pil dell'Italia fa meglio delle attese, scavalcando anche nel terzo trimestre la soglia dello zero, pur se solo di un decimo di punto. Per l'Istat sempre di "stagnazione" si tratta. Una fase fatta di 'zero virgola' che prosegue ormai da quasi due anni, precisamente da sette trimestri, includendo la parentesi della recessione tecnica. Una debolezza che ha iniziato a riflettersi sul mercato del lavoro. A settembre si sono persi 32 mila posti. Crescono solo i contratti precari. La disoccupazione torna a salire, sfiorando il 10% (si ferma appena sotto, al 9,9%). Molti potrebbero però essere ex inattivi, che infatti scendono, ora alla ricerca di un impiego.
Non è escluso che dietro al fenomeno, lo fa presente la Uil, ci sia la leva del reddito di cittadinanza, visto che proprio a settembre è partita la fase due, con i beneficiari chiamati dai centri per l'impiego per sottoscrivere il cosiddetto 'Patto per il lavoro'. Certo è solo il primo step di un percorso che dovrebbe portare a trovare un'occupazione. Non sfugge poi il calo degli occupati tra gli over50. Qui potrebbero essersi fatti sentire gli effetti di Quota 100, con l'uscita anticipata che porta fuori dal lavoro chi ha 62 anni di età e 38 di contributi. Intanto, stando ai numeri, a settembre si sono messi alla ricerca di un lavoro 77 mila persone prima ai margini del mercato. A occhio, si direbbe che per molti i tentativi di ottenere un'assunzione non hanno ancora avuto un esito positivo. I disoccupati infatti salgono di 73 mila unità. Ma tra quest'ultimi ci potrebbero essere anche quanti un posto lo avevano e con l'arrivo dell'autunno l'hanno perso: l'Istat a settembre conta mille occupati in meno per ogni giorno. I flussi più incisivi hanno riguardato i giovani under25. In questa fascia d'età la netta diminuzione degli inattivi ha portato a un'impennata dei senza lavoro, con il tasso di disoccupazione balzato al 28,7%.
L'Istituto di statistica tira le somme, spiegando che da luglio si assiste a un "lieve ma costante calo" dell'occupazione. Una goccia cinese che ha lasciato sul tappeto 60 mila unità. In tutto ciò si è anche arrestata la crescita dei contratti a tempo indeterminato (-18 mila nell'ultimo mese), per non parlare degli autonomi (-44 mila). Avanzano solo i lavoratori a tempo (+30 mila). Il confronto Ue continua a vedere l'Italia in fondo alle classifiche sul lavoro, peggio fanno solo Grecia e Spagna. Sotto la media europea anche la stima del Pil. Nell'eurozona il terzo trimestre fa segnare un +0,2%, in rallentamento.
Il dato nazionale si colloca un decimo di punto sotto, ma la differenza sale se si guarda alle variazioni annue. L'economia italiana non va oltre lo 0,3%, contro l'1,1% dell'area euro. Una debolezza su cui incide la domanda estera, affossata dalle guerre commerciali, e anche l'agricoltura. A fronte di spinte ancora troppo fiacche provenienti sia dall'industria che dal settore dei servizi. In tutto ciò una nota positiva c'è e riguarda la crescita acquisita per il 2019, quando manca un solo trimestre alla chiusura dell'anno. Anche con un Pil a zero tra ottobre e dicembre sarebbe assicurato un rialzo dello 0,2%, meglio dello 0,1% previsto dal Governo nell'ultima nota di aggiornamento al Def. Non sembra però venire in aiuto l'inflazione, che resta allo 0,3% ad ottobre. Rincara invece il carrello della spesa, che rispetto al tasso generale corre quasi tre volte tanto (+0,8%).
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