Il coronavirus fa paura e gli operai chiedono garanzie per la loro salute. Con i negozi chiusi e le fabbriche aperte, le ultime disposizioni arrivate per fermare il virus, la protesta cresce dal basso: gli scioperi iniziano patrono da Terni al Piemonte, passano per la Lombardia, si estendono alla Liguria e arrivano all'ex Ilva di Taranto.
Non tutte le fabbriche sono aperte. Alcune hanno ridoto la produzione. Ma in quelle che non hanno preso una pausa esplode la protesta dei lavoratori che temono per la loro salute. I sindacati delle 'tute blu' chiedono per questo uno stop concordato fino al 22 marzo per sanificare le fabbriche, metterle in sicurezza e riorganizzare il lavoro. Fermate che dovranno essere coperte da strumenti contrattuali o dagli ammortizzatori sociali ma che saranno necessarie; altrimenti avvertono Fim Fiom e Uilm sarà sciopero. Sciopero è una parola che non pronunciano invece i vertici sindacali. Il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo chiede "sospensioni" temporanee per adeguare le produzioni. La leader Cisl, Anna Maria Furlan chiede che "i servizi pubblici che restano attivi debbano obbligatoriamente garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori". Maurizio Landini fa parlare la segreteria della Cgil, che apprezza la convocazione di Conte ma sostiene che il Dpcm "non può limitarsi a semplici raccomandazioni, ma va reso pienamente esigibile al fine di sanificare, mettere in sicurezza e riorganizzare tutti i luoghi di lavoro". Ma lo sciopero è già una realtà nel paese. Le proteste sono già cominciate: da Marghera a Taranto, a Terni, a Genova con un effetto domino il lavoro si è già fermato in diversi stabilimenti. In Piemonte ad Asti, Vercelli e Cuneo fermate e scioperi alla Mtm, Ikk, Dierre, Trivium.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it