Il diffondersi della crisi sanitaria "in Cina e nell'estremo oriente dalla seconda metà di gennaio e successivamente nei paesi europei, proprio a partire dall'Italia, e infine negli Stati Uniti, ha imposto limiti alla circolazione delle merci e delle persone e alle attività produttive sempre più stringenti e ora tali da determinare uno shock di dimensioni inimmaginabili all'economia internazionale". Lo rileva l'Istat nella memoria inviata al Parlamento sul dl 'Cura Italia. Un contesto d'incertezza che, spiega, "non ha precedenti nel dopoguerra".
Le imprese, classificate in base all'attività prevalente, attive nei settori le cui attività non vengono sospese sono poco meno di 2,3 milioni di unità su 4,5 milioni (il 48,7% del totale), generano circa due terzi del valore aggiunto complessivo (circa 512 miliardi di euro) ed il 53,1% delle esportazioni totali". Rileva l'Istat, con riferimento ai Dpcm dell'11 e del 22 marzo, cui sono stati aggiunti i settori della difesa ed aerospazio, a prescindere dalle attività in smart working.
"Nel 2019, il numero di occupati è pari a 23 milioni 360 mila (media annua); circa i due terzi (il 66%) è occupato in uno dei settori di attività economica ancora attivi, per un totale di 15 milioni 434 mila occupati e il restante 34%, (7 milioni 926 mila occupati) in uno dei settori dichiarati sospesi dal decreto", scrive ancora l'istituto di statistica, spiegando che la classificazione "non distingue tra quanti possono lavorare in smart working.
Inoltre "è immediato ipotizzare che il gap di produzione/valore aggiunto si determinerà in tutta la sua ampiezza nel secondo trimestre, con tutti gli indicatori e le statistiche relative all'economia e al mercato del lavoro che ne registreranno i risultati".
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