Economia

Mustier, i 5 anni del rugbista antipolitico

I toni duri, le mancate fusioni e la mascotte Elkette

Redazione Ansa

Rugbista, studi di prima classe al Polytechnique e poi come ingegnere all'Ecole de Mines di Parigi, un lunga carriera nel comparto bancario e una inconsueta mascotte, un alce di peluche di nome Elkette da esibire ovunque anche nelle occasioni ufficiali e gelide della finanza internazionale. Jean Pierre Mustier, che ha annunciato la sua intenzione di lasciare a fine mandato nel 2021, non è un manager dal basso profilo e dai modi bonari come il suo predecessore Ghizzoni. Dal carattere spigoloso e i modi diretti, ha sempre evitato i contatti pubblici con la politica italiana, rare anche le sue frequentazioni a eventi del settore.

Una mancanza di empatia che gli è stata rimproverata più volte ma a cui non ha badato molto, negli anni del suo mandato: arrivò a luglio 2016 dopo un primo passaggio dal 2011 al 2014 alla Divisione Corporate & Investment Banking (CIB). Come amministratore delegato si è occupato a rimettere in piedi un gruppo che aveva subito gli effetti della crisi, problemi nella governance e una espansione internazionale con qualche passo falso, con il target di remunerare di più gli azionisti e ridurre i rischi.

Obiettivo che conseguito con una maxi pulizia in bilancio, aumenti di capitale da 13 miliardi di euro, una riorganizzazione interna a tratti vorticosa e cedendo asset come Pekao e Pioneer. Una mossa questa che gli è valsa l'accusa di cedere i gioielli di famiglia. Mustier chiamò fuori l'istituto anche dal ruolo di 'banca di sistema' cedendo la scena alla rivale Intesa Sanpaolo. Da ricordare le sue aperte critiche per le perdite subite dalle banche in Alitalia e la sua prudenza, per non dire ritrosia, nelle acquisizioni e fusioni. A dire il vero all'inizio molti sul mercato segnalavano come fosse approdato per gestire la fusione con Societè Generale, dove aveva lavorato per vent'anni.

Un'operazione che però non si è verificata per, dicono, una forte opposizione politica in entrambi i paesi. Nel 2017 rinunciò a rilevare una delle due banche venete in liquidazione che finirono, con una generosa dote pubblica entrambi a Intesa. Un mancato affare per cui finì nel mirino di molti della politica e dello stesso mercato.

E nel cassetto è finito anche il suo piano di dare vita a una holding estera separando le attività italiane. Poi, l'arrivo della pandemia Covid ha complicato ancora più lo scenario e ancora una volta Mustier si è scontrato con la politica su un'operazione di fusione con Mps. Si vedrà ora il suo futuro e quello della banca.
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it