Il Covid imprime una battuta d'arresto alla corsa che stava vivendo da sei anni l'imprenditoria femminile: il bilancio del 2020 certifica un calo dello 0,29% delle aziende guidate da donne, ovvero 4mila attività in meno rispetto al 2019. Proprio le donne hanno infatti pagato il prezzo più alto della pandemia, evidenziano alcuni studi in occasione della Festa della donna.
Ecco perché, aggiunge, "bisogna fare di più, ripensando gli strumenti di sostegno e creandone di nuovi". Dal punto di vista occupazionale, il 70% di tutti i posti di lavoro persi nel 2020 apparteneva a donne, rileva un'analisi dell'Unione europea delle cooperative, avvertendo che la situazione rischia di aggravarsi quando finirà il blocco dei licenziamenti previsto dal governo. Se in passato, infatti, spiega l'Uecoop, la maggiore presenza nel settore dei servizi era una peculiarità che garantiva alle donne una maggiore resilienza e capacità di uscire prima dalle crisi, adesso l'emergenza Covid ha stravolto tutti gli schemi, con proprio i servizi, dal turismo alla ristorazione, che stanno pagando il prezzo più pesante dal punto di vista economico. Il ruolo delle donne registra qualche progresso nel mondo delle banche, anche se ancora troppo a rilento. Un'analisi dell'Ufficio studi di First Cisl sui primi otto gruppi bancari del Paese mostra come, negli ultimi 22 anni, la composizione dell'occupazione nel settore si sia decisamente riequilibrata, con la componente femminile passata tra il 1997 e il 2019 dal 38% al 48%, portando il divario con i colleghi maschi a soli 4 punti percentuali. Ma le differenze sono ancora evidenti se si guarda agli inquadramenti: le donne si concentrano nelle aree professionali (57,9%), ma restano decisamente staccate se si considerano Quadri direttivi (36,2%) e Dirigenti (solo il 15,7%).
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