La maggiore bancarotta della storia americana. Il 15 settembre del 2008 Lehman Brothers gettava la spugna e ricorreva al Chapter 11, dicendo addio alla finanza globale e scatenando la nuova Grande Recessione, la crisi peggiore dalla Depressione del 1929. Il fallimento, divenuto un caso da studiare nei libri di scuola, tormenta ancora i sonni di Wall Street e delle autorità statunitensi e non solo.
Nei 15 anni dal collasso un'ondata di regole si è abbattuta sul settore bancario, ma nonostante questo ci sono stati vari momenti 'Lehman' che hanno fatto tremare. A riportare alla ribalta l'incubo ci sono stati negli ultimi mesi il 'salvataggio' di Credit Suisse e il fallimento di Silicon Valley Bank, che hanno riacceso i timori di un nuovo shock al sistema dalle conseguenze imprevedibili.
Se nel 2008 erano stati i mutui subprime a spingere Lehman a gettare la spugna, causando un effetto domino che non ha risparmiato nessuno, in marzo a innescare la crisi di Svb - la banca simbolo della Silicon Valley - è stato il rialzo dei tassi di interesse e la mancanza di preparazione rispetto all'aggressiva stretta dei tassi di interesse da parte della Fed. I timori però si sono rivelati infondati: i problemi di Svb, Signature Bank e First Republic non hanno contagiato l'industria bancaria che, grazie alle regole varate nel 2008 e nel 2009, è più solida e meglio capitalizzata. Come allora, però, c'è il nodo delle cosiddette banche 'troppo grandi per fallire'. Se dopo Lehman la tendenza era stata ad evitare di creare giganti del credito, ora il trend è ripreso con forza e i maggiori istituti americani sono ancora più grandi di quanto non lo fossero nel 2008 grazie in parte a una deregulation che le ha favorite.
Nei 15 anni trascorsi da quella che è stata una delle giornate più nere della storia di Wall Street, la Fed ha confermato in più di un'occasione di essere un faro per la politica monetaria mondiale, un 'salvatore di ultima istanza'.
Lo è stata nel 2020 quando con il Covid ha varato una nuova serie di misure senza precedenti per evitare la crisi seguita alla chiusura dell'economia mondiale. Manovre che la costringono ora a un gioco di equilibrismo fra la lotta all'inflazione e la necessità di scongiurare una recessione.
Dei protagonisti del 2008 l'unico ancora sul palcoscenico della finanza americana e mondiale è Jamie Dimon. L'amministratore delegato di JPMorgan, considerato da molti il maghetto di Wall Street, è ancora al suo posto e il suo nome è circolato ciclicamente per il ruolo di segretario al Tesoro.
Dimon è ormai un faro per Wall Street e per la politica americana che, quando ha bisogno, non esita a chiamarlo data l'esperienza, il rispetto e l'ammirazione che si è guadagnato nel corso dei decenni nonostante lo scivolone della 'Balena di Londra'. Contatti politici di alto livello che però non sembrano tentarlo a lasciare il suo posto e lanciarsi in una nuova avventura. (A