L'entusiasmo dei mercati per lo stop nei rialzi dei tassi potrebbe essere già finito, stroncato dai toni da falco che i banchieri centrali hanno deciso di riprendere. Il capo della Fed prima e la numero uno della Bce dopo, hanno riaperto alla possibilità che il lavoro della politica monetaria per combattere l'inflazione non sia ancora finito.
La Fed, ha spiegato, non è sicura di aver raggiunto una postura che le consenta di centrare l'obiettivo di un'inflazione al 2%, anche se i tassi sono ai massimi da 22 anni. La strada, ha aggiunto, potrebbe essere ancora lunga. La presidente della Bce Christine Lagarde usa parole diverse ma manda segnali nella stessa direzione. "I tassi hanno raggiunto un livello che, se sostenuto abbastanza a lungo, darà un contributo significativo a portare l'inflazione all'obiettivo. Questo è lo scenario di base che abbiamo prodotto con le previsioni di fine settembre, ma se ci saranno altri shock dovremo rivedere" lo scenario, ha assicurato. Una promessa che ha mandato le Borse europee in terreno negativo. Anche per l'Eurozona c'è un problema di dati ancora non stabili e quindi non affidabili. "L'inflazione è scesa molto, a ottobre di un anno fa era 10,6%, ora è scesa al 2,9%, un calo enorme, e qualcuno potrebbe dire che la politica monetaria ha fatto il suo lavoro", ha detto Lagarde, ricordando che però il calo è dovuto per la maggior parte al calo dei prezzi dell'energia. E ora bisogna "monitorare" proprio questo, perché anche se i prezzi dell'energia rimarranno piatti, non è detto che l'inflazione resti al 2,9% a lungo. "Ci sarà molto probabilmente un rialzo, dovremmo aspettarcelo", ha aggiunto. La soglia di allerta resta quindi elevata, e non bisogna aspettarsi tagli dei tassi a breve. Tenere i "tassi su questi livelli abbastanza a lungo significa abbastanza a lungo, non è che vedremo cambiamenti nel prossimo paio di trimestri", ha chiarito.
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