Blitz del Tesoro che colloca sul mercato una quota del 25% di Mps, scendendo in un colpo solo dal 64,2% al 39,2% del capitale. Le azioni dell'istituto senese, un tempo ripudiate dal mercato, sono andate a ruba, al punto che il Mef, dopo aver registrato una domanda cinque volte superiore all'offerta, è stato costretto ad aumentare il quantitativo messo in vendita, inizialmente pari al 20% del capitale.
L'operazione, strutturata attraverso una procedura accelerata di raccolta ordini, è stata affidata a un consorzio costituito da Bank of America, Jefferies e Ubs "con l'obiettivo - si legge in una nota del Mef - di promuovere il collocamento delle suddette azioni presso investitori qualificati in Italia e investitori istituzionali esteri" e "rappresenta la prima fase del più ampio processo che porterà il Mef a valorizzare pienamente la banca, nell'interesse della stessa e di tutti gli stakeholders, nel contesto del solido quadro patrimoniale e reddituale" dell'istituto "e delle sue prospettive di ulteriore sviluppo".
La fame di azioni ha permesso al Tesoro di ridurre dal 6% al 4,9% lo sconto sulle quotazioni di Borsa a cui i titoli sono stati offerti. Rispetto a una guidance di 2,89 euro ad azione, le azioni sono state collocate a 2,92 euro permettendo al Mef di incassare 920 milioni, con una plusvalenza del 46% rispetto ai 2 euro a cui, un anno fa, ha sottoscritto l'aumento da 2,5 miliardi. Il Tesoro perde così il controllo di diritto del Monte nel cui azionariato cresce il peso degli investitori istituzionali e dei grandi fondi, aumentando flottante, liquidità e appetibilità del titolo.
La vendita rappresenta anche un segnale forte all'indirizzo di Bruxelles sulla determinazione del Tesoro a rispettare l'impegno a privatizzare Siena entro la fine del 2024, termine entro il quale dovrebbe scadere la proroga concessa dall'Ue per dismettere la quota. Ma potrebbe anche servire da arma negoziale nel caso in cui il Mef avesse bisogno di più tempo per trovare un partner, considerato che al momento i candidati più quotati - Banco Bpm, Bper e Unicredit - sembrano tutti, per una ragione o per l'altra, non volersi accasare a Siena.
La mossa del Tesoro cavalca un momento felice per il Monte, reduce da 9 mesi chiusi con 929 milioni di utili, grazie al lavoro di ristrutturazione dell'amministratore delegato Luigi Lovaglio. La banca è tornata a generare capitale, con dei ratio patrimoniali tra i più alti in Italia (Cet1 al 16,7%), e ad essere redditizia, grazie al taglio dei costi, alla pulizia del portafoglio crediti dagli npl e al vento in poppa dei tassi, che ha fatto decollare il margine di interesse. Notizie positive sono arrivate anche sul fronte del contenzioso, con l'assoluzione degli ex vertici Giuseppe Mussari e Antonio Vigni nel processo sui derivati, che ha portato ad abbattere da 4,1 a 2,9 miliardi i rischi legali per le informazioni date al mercato negli anni bui delle perdite miliardarie.
Il rilancio si è tradotto in una cavalcata in Borsa che ha preso slancio nelle ultime sedute. Dalla pubblicazione della trimestrale, lo scorso 8 novembre, il titolo è salito del 18,5%, in scia ai riconoscimenti del mercato per i progressi della banca, prima con il rialzo del rating da parte di Fitch e poi con la promozione di alcuni broker. Un treno che il Mef ha ritenuto opportuno non lasciarsi scappare, mettendo in vendita una quota ben più consistente di quella, compresa tra il 5 e il 15%, che il mercato si aspettava, agevolato anche dal rialzo dell'outlook di Moody's sull'Italia.
Proprio ieri gli analisti di uno dei collocatori, Bank of America, avevano alzato da 3 a 3,8 euro il target price su Siena puntando sui risvolti positivi che un'assoluzione di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, sotto processo a Milano sempre per la vicenda dei derivati, potrebbe avere per la banca, riducendo ulteriormente i rischi legali, liberando 200 milioni di accantonamenti, anticipando dal 2025 al 2024 il ritorno al dividendo e accelerando l'individuazione di un partner.
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