Seduto tra il rappresentante della Grecia e quella del governo lettone. Ma, soprattutto, in bilico tra frugali e sovranisti e con quell'acronimo - il Mes - che in qualche modo lo accompagna a Bruxelles da quando è ministro.
Già, perché a Bruxelles quello che vale per la riforma del Patto di Migrazione e asilo vale, in misura minore perché minore è la portata elettorale, anche per la nuova governance economica: non dare l'impressione di una Ue avvezza al fallimento ad una manciata di mesi dal voto. "O troviamo un'intesa stasera o non la troveremo domani mattina", sentenziava nel pomeriggio la portavoce della ministra delle Finanze Nadia Calvino. L'ex tecnica diventata pilastro del governo di Pedro Sanchez è stata ideatrice e padrona di casa della cena informale. Una cena fredda e non certo pantagruelica, fatta di merluzzo, insalata di quinoa con avocado e melograno e mousse al cioccolato come dessert. Pochi brindisi, spazio alla discussione. L'incontro, infatti, è stato pensato come una trattativa a oltranza tanto che ai ministri non è stato dato nessun timing per gli interventi.
Calvino ha tutto da guadagnare da una eventuale intesa sulla governance, che potrebbe appuntarsi al petto a poche ore dalla probabile investitura a nuova presidente della Banca Europei degli investimenti. Del resto, alla cena organizzata al quinto piano dell'Europa Building c'era, in realtà, ben più di un dossier sul tavolo. Per Roma, ad esempio, un Patto di stabilità ritenuto soddisfacente potrebbe fare da apripista ad una ratifica del Mes che a Bruxelles attendono da anni. E alla quale la maggioranza potrebbe accompagnare una forte condizionalità: che per attivare il fondo salva-Stati serva un nuovo voto del Parlamento.
Ma per ogni ministro, in fondo, dietro i numeri del Patto c'è ben altro. C'è, soprattutto un messaggio da mandare ai propri elettori. Il falco Christian Lindner, ad esempio, non può permettersi passi falsi visto che è alla guida di un partito, Fdp, da mesi e mesi in costante calo nei sondaggi. La finlandese Rikka Purra, leader dei Veri Finlandesi e celebre per le sue posizioni anti-Ue, sovraniste e perfino razziste, è arrivata a Bruxelles con il sorriso prudente di un ministro di un Paese ad alto rischio infrazione. "La Finlandia è per delle regole oggettive ma realistiche, non sono così ottimista", spiegava ai giornalisti prima della cena. Il macroniano Bruno Le Maire ha invece messo sul tavolo la linea rossa degli investimenti, vitali per una Francia iper-indebitata. Ed è arrivato col piglio di chi lancia un ultimo avvertimento: sulle regole non si può concedere tutto alla Germania. Parole di certo importanti, per Giorgetti. Al ministro, tra i tanti punti, uno è particolarmente caro: che la riforma preveda che gli investimenti per il Pnrr e la transizione facciano scattare una deroga nel percorso lineare di riduzione di deficit e debito.
La sfida di Giorgetti e la cena più lunga sul Patto
La partita tra falchi, sovranisti e il mantra degli investimenti