L'economia italiana "è ferma da un anno", procede con il freno a mano tirato e il Pil, che quest'anno chiude a +0,7%, si attesterà a +0,4% nel 2024, allo stesso livello della crescita dell'Eurozona. Il Pil mondiale segnerà invece un progresso del 2,6%.
Per il quarto trimestre dell'anno Prometeia stima una lieve contrazione del Pil (-0,1%), dovuta soprattutto alla frenata dei consumi. L'eredità lasciata al 2024 sarebbe quindi leggermente negativa (-0,1%). Nell'ipotesi che non ci siano ulteriori shock internazionali, nei prossimi trimestri si potrà riavviare una ripresa che porterà l'economia italiana a crescere e l'incremento tendenziale passerà dal -0,1% di fine 2023 a +0,8% di fine 2024. L'economia italiana - secondo Prometeia - può uscire da questa fase non particolarmente appesantita da zavorre e dunque pronta a cogliere le opportunità che il nuovo scenario internazionale fornirà. Ma dovrà far fronte al problema del debito pubblico, che è cresciuto rispetto al 2019 di circa 6 punti. L'indebitamento era all'1,5% del Pil nel 2019 e sarà verosimilmente al 5,3% nel 2023. Qualunque forma prenderà il Patto di Stabilità e Crescita in discussione a Bruxelles, i nostri conti pubblici dovranno affrontare un percorso di riduzione del debito.
Con politiche monetarie e fiscali che potranno essere al più neutrali, in un contesto internazionale in cui le tensioni geopolitiche e le difficoltà della Cina proiettano scenari di crescita del commercio molto meno dinamici che in passato, le leve della crescita dovranno essere trovate in Europa e direttamente in Italia. In pratica - spiega Prometeia - dovranno provenire "per la maggior parte nel Pnrr, a disposizione fino al 2026". "Proiettiamo la crescita del Pil effettivo dell'Italia nel biennio 2025-2026 allo 0,8%, dunque superiore alla crescita potenziale, proprio tenendo conto degli effetti espansivi delle misure finanziate col Pnrr", spiega l'analisi dell'istituto di ricerca. Un'ultima previsione riguarda i tassi. "Il calo dell'inflazione corrente - spiega il rapporto - si rifletterà sul calo dell'inflazione attesa e porterà a un aumento dei tassi di interessi reali, che sarà più sostenuto fintanto che le principali banche centrali lasceranno invariati i tassi di interesse nominali. Nel contesto di una forte debolezza economica globale, riteniamo dunque probabile una prima riduzione dei tassi a partire da giugno per la Fed e luglio per la Bce".