Il ministero dell'Economia cede con una vendita-lampo un'altra tranche del Montepaschi, approfittando della corsa di Piazza Affari per mettere un tassello da ulteriori 650 milioni nel maxi-piano di privatizzazioni del governo, e avvicinare ulteriormente le condizioni per l'emancipazione della banca senese dal salvataggio-nazionalizzazione di quasi un decennio fa.
Il Mef ha dato il via libera nel pomeriggio alle banche d'affari per una "procedura accelerata di raccolta ordini" per un pacchetto di azioni Mps - per la precisione 157.461.214 titoli - pari "a circa il 12,5% del capitale sociale".
Un'operazione conclusa in poche ore che porta la quota del ministero dell'Economia nel capitale di Mps dal 39,23% (cui era sceso a novembre dal 64,23%) al 26,73% del capitale a 4,15 euro per azione, con uno sconto del 2,49% rispetto al prezzo di chiusura delle azioni e realizzando 650 milioni di euro. Sconto inferiore rispetto a quello di quasi il 5% dell'operazione di novembre, grazie a una domanda pari a oltre tre volte l'offerta.
Una mossa che riaccende il risiko bancario dopo mesi di ipotesi riguardanti future aggregazioni con Unipol, Bpm o Unicredit. E i cui proventi si sommano ai circa 920 milioni del collocamento di novembre, portando un cospicuo assegno di quasi 1,6 miliardi che costituisce un buon viatico, pari a circa l'8%, dell'ambizioso piano di privatizzazioni con cui il governo Meloni punta a ridurre il debito pubblico di 20 miliardi entro il 2026. Le indiscrezioni vorrebbero ulteriori cessioni dopo questa ulteriore tranche di Mps e dopo l'annunciato nuovo collocamento di Poste Italiane in piu' fasi, anche con Opv, e con incentivi per risparmiatori e dipendenti.
Principale indiziata è una nuova quota di Eni, mentre si discute di una cessione di Enav, la società del Controllo del Traffico Aereo e e che fornisce altri servizi essenziali di navigazione, e del 49% Ferrovie, non quotata. A rendere possibile un incasso, oggi, che si avvicina a quello realizzato a novembre pur vendendo la metà delle azioni cedute tre mesi fa, è la corsa delle azioni Mps: se a novembre scambiavano a poco meno di tre euro, ora viaggiano sopra 4,25, con un balzo del 40% da inizio anno. Una volata favorita dal ritorno all'utile della banca fra indiscrezioni di un futuro dividendo, lo sciogliersi via via del contenzioso legale (da ultimo con l'assoluzione di Viola e Profumo), e condizioni di mercato fortunate che vedono borse come New York, Parigi e Francoforte sui massimi storici (e Milano in forte ascesa). Un momento d'oro che al Mef non hanno voluto lasciarsi sfuggire. Muovendo con la vendita - un 'accelerated book building' affidato ai Joint Global Coordinators e Joint Bookrunners BofA Securities, Citigroup, Jeffries e Mediobanca - quasi immediatamente una volta scaduto il consueto 'lock up' che bloccava ulteriori cessioni nei tre mesi successivi al precedente collocamento dello scorso 20 novembre. Per approfittare di una finestra di opportunità che potrebbe chiudersi fra rischi geopolitici e un taglio dei tassi Bce a giugno che rischia di intaccare i ricchi margini d'interesse su cui nuotano i bilanci delle banche. Il 'blitz' del ministro Giancarlo Giorgetti ha poi un inevitabile risvolto politico. Rimettendo sul mercato la banca di Rocca Salimbeni, al centro della rete di potere nella roccaforte Dem di Siena prima del tracollo, sarà certamente impossibile recuperare le somme bruciate con i salvataggi che si erano susseguiti negli anni, 5,4 miliardi di euro solo nel 2017. Ma l'aver tenuto duro nei confronti delle scadenze poste da Bruxelles in attesa di tempi migliori in Borsa ha pagato, considerando le condizioni onerose che nel 2021 - quando Giorgetti era ministro dello Sviluppo economico nel Governo Draghi - avevano fatto naufragare l'acquisizione da parte dell'Unicredit di Andrea Orcel.