La fiducia tedesca crolla ai minimi da gennaio e gela l'Europa, appesantendo per metà seduta le piazze finanziarie del Vecchio Continente. Il cambio di marcia arriva però con i prezzi alla produzione americani che, saliti meno delle attese, lasciano ben sperare per l'atteso dato sull'inflazione di luglio, cruciale nel processo decisionale della Fed.
L'aumento meno pronunciato delle previsioni dei prezzi alla produzione - saliti del 2,2% su base annua e dello 0,1% sul mese - è una notizia positiva che consente alle borse europee di chiudere in territorio positivo. Milano avanza dello 0,24%, Parigi dello 0,35% e Francoforte dello 0,48% nonostante il tonfo dell'indice Zew, sceso in agosto a 19,2 punti da 41,8 di luglio.
Wall Street avanza decisa con il Nasdaq che sale di oltre il 2% sperando in un taglio dei tassi già in settembre. Se il dato dell'inflazione Usa di luglio, in calendario mercoledì, confermasse un rallentamento dei prezzi la Fed potrebbe optare per una riduzione del costo del denaro già il prossimo mese, allontanando anche lo spettro di una possibile recessione, che aleggia da settimane sui listini innervosendo gli investitori.
Gli analisti prevedono ormai due o tre tagli dei tassi di interesse da parte della banca centrale quest'anno. Il primo dovrebbe essere in settembre, prima quindi delle elezioni presidenziali. Secondo alcuni osservatori la Fed opterà per una riduzione di mezzo punto il mese prossimo ma non tutti sono d'accordo. Gli economisti infatti ritengono che non ci sia alcun motivo per un maxi-taglio da 50 punti base: la Fed - è la loro convinzione - preferirà procedere con cautela e valutare riunione dopo riunione come meglio procedere. I riflettori sono ora tutti puntati su Jackson Hole per l'atteso simposio annuale della banca centrale, durante il quale Jerome Powell delineerà probabilmente la strada da seguire.
Un taglio a settembre è probabile che esponga la Fed a critiche visto che precede il voto americano. Donald Trump ha già messo in guardia, neanche troppo velatamente, la banca centrale dal non toccare il costo del denaro prima delle elezioni: farlo significherebbe aiutare l'economia americana e, di conseguenza, la Casa Bianca di Joe Biden e Kamala Harris.
Un'azione potrebbe spingere Trump ad attuare, qualora vincesse, il suo piano di un coinvolgimento del presidente americano nel decidere i tassi di interesse, strappando di fatto l'indipendenza alla Fed. Una ricetta condivisa anche dal suo vice J. D. Vance. "La leadership politica di questo paese dovrebbe dire la sua sulla politica monetaria. Fissare i tassi di interesse dovrebbe essere una decisione fondamentalmente politica", ha detto Vance. Powell respinge da mesi le insinuazioni su una Fed mossa dalla politica. Un taglio a settembre sarebbe "apolitico. La Fed non ha mai usato i suoi strumenti per opporsi a un un partito. Le nostre decisioni sono basate sui dati e non sull'esito delle elezioni", ha detto durante l'ultima conferenza stampa, ribadendo che la battaglia contro l'inflazione non può ancora dichiararsi vinta.
I prezzi al consumo sono indubbiamente in calo rispetto al picco di oltre il 9% toccato subito dopo la pandemia, ma l'obiettivo del 2% è ancora lontano. In giugno l'inflazione si è attestata al 3,0%, meno del 3,1% stimato dagli analisti. Su base mensile i prezzi sono invece calati dello 0,1%, mentre il mercato si attendeva un aumento dello 0,1%. Per luglio l'attesa è di un tasso di inflazione fermo al 3,0%, e di un rialzo dei prezzi su base mensile dello 0,2%, Dati che consentirebbero alla Fed di tirare un sospiro di sollievo nel vedere un andamento costante che dimostra una situazione sotto controllo, invece di fiammate destinate a riaccendere i timori di un nuovo intervento per frenare la corsa al rialzo.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it