Economia

Da pensioni a tasse, è pressing per cambiare la manovra

I dubbi di categorie e partiti. Difficile l'ok prima di Natale

Palazzo Chigi

Redazione Ansa

I pensionati scendono in piazza, i medici scioperano, la Rai sta in apprensione, gli editori alzano la voce e monta la preoccupazione sul fronte della giustizia. La manovra mette in allarme molte categorie. E agita le opposizioni, che cavalcano il malcontento per andare all'attacco del governo. Ma a far rumore è anche il silenzio della maggioranza e dei big dei partiti. Quasi a lasciar intendere un certo disappunto per un testo che non soddisfa diverse richieste.

A partire dal taglio del canone Rai, misura fortemente voluta dalla Lega. La riduzione da 90 a 70 euro anche per il 2025 era stata confermata dallo stesso ministro dell'Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti, nella conferenza stampa all'indomani del varo della manovra in cdm. Ma nei 144 articoli della legge di bilancio non ce n'è traccia. Un giallo su cui il Carroccio non commenta. Ma su cui probabilmente si cercherà di intervenire nella conversione in Parlamento. Soprattutto dopo che si è mosso anche il cda Rai, che non ha accolto con favore le misure sull'azienda contenute in manovra (limiti alle spese per il personale e le consulenze e tagli dal 2026).

 

Un altro nodo è anche quello delle pensioni minime, cavallo di battaglia di Forza Italia. Che ufficialmente in serata, attraverso il portavoce Raffaele Nevi, si dice soddisfatta del testo. L'intervento previsto in manovra evita la riduzione che sarebbe scattata da gennaio, ma aumenta gli assegni di appena 3 euro (da 614,77 a 617,9 euro). Difficile che sia davvero abbastanza per gli azzurri, che - fermo restando l'obiettivo di legislatura di arrivare a mille euro - puntavano a portarle oltre la soglia dei 630 euro. Altro tema che rischia di spuntare come emendamento nella conversione del ddl in Parlamento. E sul fronte previdenziale anche la Lega non molla. Il sottosegretario al Lavoro e vice-segretario del Carroccio Claudio Durigon punta a "intervenire per dare una prospettiva diversa ai giovani": "Avevamo avanzato tante proposte - dice ad Affaritaliani.it - che purtroppo non sono entrate nel testo finale, spero che possano entrare in sede di conversione in Parlamento".

Ad alimentare gli appetiti dei partiti potrebbe essere anche l'esito del concordato biennale per gli autonomi. Le risorse sono prioritariamente destinate all'ulteriore taglio dell'Irpef per i ceti medi, intervento su cui insiste Forza Italia, che vorrebbe ridurre di due punti l'aliquota del 35% e allargare lo scaglione fino ai 60mila euro di reddito. Ma se andasse "particolarmente bene", come ha anticipato Giorgetti, si potrebbe anche intervenire sulla flat tax. Una bandierina della Lega, che punta ad alzare ulteriormente la soglia oltre gli 85mila euro.

Non arriva solo dai partiti il pressing a modificare la manovra. Sull'estensione della web tax, gli editori della Fieg, "stupidi ed amareggiati", auspicano "un intervento correttivo del Parlamento". Invece la norma che fa saltare i processi con il mancato pagamento, o anche il pagamento parziale, del contributo unificato, preoccupa l'Organismo Congressuale Forense, che si dice pronto ad "ogni iniziativa" per evitarne l'approvazione. I costruttori dell'Ance sono preoccupati della mancanza della proroga delle norme sul caro materiali: senza, sostengono, si rischia lo stop di "moltissimi cantieri, compresi quelli del Pnrr". Un timore anche questo condiviso da Forza Italia, che si prepara ad intervenire: "Sarà mia cura - annuncia la deputata azzurra Erika Mazzetti - presentare un emendamento". Qualcosa potrebbe spuntare anche per Transizione 5.0, l'agevolazione per le imprese su cui il Mimit si sta confrontando con Confindustria per possibili modifiche.

In questo clima la manovra appena arrivata alla Camera sembra già avere tempi lunghi. Le audizioni, inizialmente previste dalla prossima settimana, non inizieranno prima del 4 novembre, mentre il termine per gli emendamenti potrebbe essere fissato intorno all'11 novembre. L'obiettivo è portare il testo in Aula a metà dicembre, ma già si dice che non ce la si farà prima del 20. Rendendo la seconda lettura anche quest'anno quasi una pura formalità. E mandando in fumo l'auspicio di chiudere prima di Natale.

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