Cgil e Uil alzano il tiro. Forti del successo ottenuto - e a gran voce rivendicato - nelle piazze il 29 novembre, Maurizio Landini e PierPaolo Bombardieri si rivolgono direttamente alla premier Giorgia Meloni, chiedendo di raccogliere i bisogni espressi da chi ha manifestato, pacificamente e democraticamente, per dire che qualcosa nel Paese non va.
"Non si può rimuovere quello che è avvenuto venerdì e che 500.000 persone hanno chiesto di essere ascoltati. Ci deve essere una risposta", scandisce Landini a cui fa eco immediatamente Bombardieri: "la Uil chiede alla presidente del Consiglio di aprire un confronto sulle richieste avanzate da quelle persone che erano in piazza, incontrando i sindacati per dialogare e capire se ci sono le condizioni per dare risposte a quelle lavoratrici e a quei lavoratori". La palla insomma è alzata e passa ora nel campo dell'esecutivo.
I sindacati sono convinti di aver dimostrato quello che dovevano dimostrare. Le richieste sono quelle ripetute più e più volte e condivise, secondo Landini, non solo dagli iscritti alle due sigle che hanno proclamato lo sciopero, ma anche da chi risponde ad altri sindacati e persino da chi ha votato per l'attuale maggioranza. Servono investimenti in sanità, un sistema fiscale più equo, un lavoro meno precario e più sicuro. Cgil e Uil chiedono di spostare risorse a favore di chi non arriva alla fine del mese.
"Questioni concrete - sottolinea Bombardieri - sulle quali ci aspettiamo risposte concrete". E se non arriveranno, avvertono, Cgil e Uil valuteranno come andare avanti nella protesta. La legge di bilancio è ancora in Parlamento, l'esame non è nemmeno concretamente iniziato e, in teoria, se dal concordato biennale arrivassero gli introiti sufficienti, qualche spazio di manovra in più per il 2025 si potrebbe ricavare. Difficile immaginare che sulla sanità si possa imprimere la svolta reclamata dai sindacati. Tuttavia tra un dispetto e l'altro all'interno del centrodestra, qualche mossa in più a favore del ceto medio potrebbe arrivare. Il messaggio di Bombardieri e Landini è concreto ma allo stesso tempo politico.
Del confronto con i sindacati, con le rappresentanze della società, lasciano intendere i due, non si può fare a meno. Per questo serve - sostengono - un nuovo incontro a Palazzo Chigi, in cui le parti sociali possano tornare protagoniste e non mere ascoltatrici. E' proprio questo intento politico però che non va giù all'esponente di governo che più di tutti si è posto come antagonista allo sciopero. Matteo Salvini ripete come un mantra che il leader della Cgil fa politica e che il suo obiettivo è quello di arrivare a sedersi in Parlamento, come hanno fatto già alcuni suoi predecessori.
L'accusa del vicepremier è anche quella di incitare alla rivolta, come dimostrerebbero i casi di Corvetto e di Torino. Parole che Landini rimanda al mittente: "Le nostre manifestazioni sono manifestazioni democratiche in cui non è successo assolutamente nulla. Quelle modalità di scendere in piazza non c'entrano nulla con noi", assicura. Il tutto mentre non si spegna la polemica sullo stesso diritto di sciopero. "Ogni forma di precettazione è una chiusura e una violazione di un diritto costituzionale", dice senza mezzi termini Bombardieri.
"Mettete giù le mani dal diritto di sciopero che è scritto nella Costituzione", insiste anche la leader del Pd Elly Schlein. Ma Salvini non arretra. "E' chiaro che il diritto allo sciopero è tutelato dalla Costituzione e anche dal buon senso, tanto che - afferma - sono stati quasi mille gli scioperi da inizio anno. Le opposizioni che parlano di diritto allo sciopero limitato hanno qualche problema con la matematica".
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