Economia

La maggioranza in tensione, altolà di Tajani a Giorgetti

Il governo al test della manovra: 'Non parliamo di sacrifici'

I ministri Tajani e Giorgetti

Redazione Ansa

Nessuna nuova tassa, che troverebbe nel caso "contrarissima" Forza Italia, che già si era scagliata anche lo scorso anno contro il prelievo sugli extra-profitti. Non bastano precisazioni e smentite a rassicurare i partiti della maggioranza, dopo l'intervista a Bloomberg del ministro Giancarlo Giorgetti che certo, dice Antonio Tajani, sarà stato "male interpretato". Nel dubbio, però, meglio ribadire che la manovra non sarà "lacrime e sangue". Anche se la "prudenza" è d'obbligo, tra scenario internazionale sempre più incandescente e margini già risicati.

Di qui a metà ottobre però, bisogna essere cauti anche nella scelta delle parole, il messaggio che avrebbe fatto arrivare agli alleati (e ai suoi ministri) Giorgia Meloni. Bisogna lavorare per dare risposte "concrete", evitando di offrire il fianco alle opposizioni che da ieri martellano sulle accise come sui "sacrifici" evocati dal ministro dell'Economia che, dicono nel centrodestra, è parola che "non fa parte del nostro dizionario".

"Noi le tasse le vogliamo abbassare ai redditi inferiori a 35mila euro e far pagare chi come assicurazioni e banche hanno guadagnato miliardi", cerca di spiegare il leader della Lega Matteo Salvini, non discostandosi troppo, nella sostanza, dal concetto espresso da Giorgetti. Che anche per gli azzurri aveva fatto un "ragionamento più articolato e complesso: quando si mette mano alla legge di bilancio - osserva il portavoce di Fi Raffaele Nevi - tutti chiedono più risorse, i sacrifici cui il ministro faceva riferimento sono riferiti ai tanti no che saremo costretti a dire a chi chiede più risorse".

Anche se a tutti è chiaro che le risorse sono limitate, continua a crescere la lista di richieste che via via si vanno accumulando a Palazzo Chigi e al Mef da parte di tutti i ministeri. Molte, anche "legittime", resteranno inevase, come hanno ribadito sia Meloni che Giorgetti appena due giorni fa in Consiglio dei ministri. Il ministro ha in agenda un incontro con il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. E a inizio della prossima settimana sarà chiamato, in Parlamento, a illustrare il Piano strutturale di bilancio che le Camere voteranno, con una risoluzione, lo stesso martedì, subito dopo la sua audizione. Poi ci sarà da preparare la tabella con l'impalcatura della manovra, il Draft Budgetary Plan che va mandato a Bruxelles entro metà ottobre anche secondo le nuove regole del Patto. E da tradurre con il dettaglio delle norme le intenzioni esplicitate nel Psb che si concentrano appunto su poche priorità, il cuneo e l'Irpef, la famiglia, la sanità.

 

Passaggi delicati, sui quali Meloni potrebbe fare un punto con gli altri leader della coalizione all'inizio della prossima settimana. Un incontro che arriverebbe dopo settimane di tensioni nella maggioranza che si sono materializzate non solo nelle schermaglie tra Lega e Fi sullo Ius Scholae, sull'Autonomia o sul voto in Austria, ma anche in Senato, dove è stato più travagliato del previsto l'esame del decreto Omnibus.

Un antipasto, è un timore diffuso, di quello che potrebbe accadere con la legge di bilancio, quando i fondi non consentiranno di accontentare gli appetiti dei partiti. Un altro test si presenterà già con il decreto Infrazioni, che contiene l'intesta sui balneari raggiunta in extremis con Bruxelles, a un passo dal deferimento alla Corte di giustizia europea. Un accordo pressoché blindato, sulla carta. Anche se qualche margine per venire incontro alle richieste del settore (e della maggioranza) ancora potrebbe esserci, soprattutto sul capitolo degli indennizzi, tema su cui si concentrano alcuni emendamenti di FdI, Lega e FI, con proposte più favorevoli ai concessionari uscenti. 

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