(ANSA) - ROMA, 22 OTT - La crescita del il 2024 "viene dai
servizi" mentre sono "in calo tutti gli altri settori". Ed in
prospettiva appare preoccupante la dinamina degli investimenti
che, dopo una "robusta crescita" dal 2021 al 2023, "si fermano
queast'anno (+0,5%) e scenderanno l'anno prossimo (-1,3%).
Risale il reddito disponibile per le famiglie ma i consumi
appaiono frenati dalla ricostituzione del risparmio speso negli
anni scorsi. E nel 2025 l'inflazione è attesa "risalire in parte
tendendo ad avvicinarsi ai valori della misura core, poco sotto
il +2%".
Tra i vari dati, l'export delude le attese: la stima per il
2024 scende al +0,6%; quella per il 2025 si ferma al +2%; Le
importazioni 2024 sono ora previste in "brusco calo" al -2,9%.
Sul fronte del lavoro si assiste ad un calo, atteso, delle ore
lavorate per occupato. Le Ula (il dato statistico delle unità di
lavoro equivalenti al tempo pieno" salgono "ad un ritmo più
sostenuto rispetto all'attività economica, +1,4%" nel complesso
del 2024 ma già dalla seconda metà di quest'anno non è più così
e nel 2025 "sono attese ad un ritmo inferiore rispetto al Pil".
Mentre "il numero di occupati continuerà ad aumentare come il
Pil". Il tasso di disoccupazione è visto in calo, meglio di
quanto precedentemente previsto, al 6,5% nel 2024 ed al 6% nel
2025.
Sul fronte della finanza pubblica, il CsC segnala anche
"l'alto" fabbisogno di cassa e la spesa per interessi "in
moderato aumento". "Entrate in crescita" al 46,5% del Pil nel
2024 e al 47,2% nel 2025. "La pressione fiscale e contributiva
sale, complessivamente, al 42,20% del Pil nel 2024 (dal 41,5%
nel 2023) e al 42,3% nel 2025". Nelle stime, gli investimenti
pubblici "rimangono pressoché stabili tra il 2023 e il 2024
(+1,6%), mentre tornano a crescere nel 2025 (+13,4%)".
Il centro studi diretto da Alessandro Fontana approfondisce
cinque "nodi", in particolare, che frenano la competitività e in
prospettiva rappresentano un rischio per la crescita del Paese:
"Il declino demografico accrescerà la carenza di lavoratori, che
già oggi è un problema": pesa sempre di più un "disallineamento
quantitativo tra domanda e offerta di lavoro", legato a fattori
come calo e invecchiamento della popolazione, la scarsa mobilità
interna, la fuga di cervelli, la carenza di lavoratori extra-Ue,
il gap tra competenze che servono alle aziende e sistema
formativo.
Poi i "costi di alloggio troppo elevati rispetto a
produttività e quindi salari, nelle diverse aree territoriali"
che "frenano la mobilità dei lavoratori": da nasce il pressing
per un 'piano casa' che il presidente degli industriali Emanuele
Orsini ha messo tra le priorità della sua agenda. A frenare la
competitività anche "i prezzi del gas e dell'elettricità che
sono ancora più alti in Italia, sia rispetto agli altri grandi
paesi europei come Francia e Germania, sia rispetto agli Stati
Uniti". "Il crollo del settore auto"; e sui costi delle
emissioni di CO2 il "sempre più stringente sistema Ets
parallelamente all'operatività del Cbam". (ANSA).