Professioni

Cgil: "Marche, si assume di meno e con contratti precari"

Saldo tra assunzioni e cessazione primo semestre 2024: +33.269

Redazione Ansa

(ANSA) - ANCONA, 20 SET - Nelle Marche, tra gennaio e giugno 2024, le aziende hanno assunto 119.398 persone, -1,5% rispetto allo stesso periodo del 2023 (Centro Italia -4,6%, nazionale -1,6%) e -5,2% in meno rispetto al 2022. Il saldo assunzioni - cessazioni risulta tuttavia positivo nel complesso (+33.269), essendo state 86.129 le cessazioni dei rapporti di lavoro (+0,5% sul dato 2023, -3,8% rispetto al 2022). È quanto emerge dai dati dell'Osservatorio sul mercato del lavoro dell'Inps, elaborati dall'Ires Cgil Marche.
    Diminuiscono le assunzioni a tempo indeterminato (-5,1%), in apprendistato (-16,3%) e in somministrazione (-9,5%), mentre aumentano quelle con contratto intermittente (+6,6%), stabile il contratto a termine. Sul totale delle nuove assunzioni, quelle a tempo indeterminato sono una quota molto ridotta 10,8% (in Italia si attestano al 16,3%), le Marche si collocano al terzultimo posto. La regione risulta invece essere la prima in Italia per la più alta incidenza dei contratti intermittenti: 19,5% contro la media nazionale del 9,8%. I rapporti part-time incidono per il 35,5% con una netta differenza di genere: tra gli uomini le assunzioni sono il 25,5% del totale, mentre tra le donne la percentuale sale fino al 48,6%. Le trasformazioni di contratti precari in rapporti a tempo indeterminato sono state 11.717, -1.085 rispetto al 2023 (-8,5%). Per le cessazioni, crollo delle dimissioni (-1.243, -4,9%), aumentano i licenziamenti di natura economica (+916, +19%) e le cessazioni per fine contratto (+999, +2,1%).
    "Nella regione, non ci sono segnali di un cambiamento all'interno del mercato del lavoro e i dati certificano come il precariato rappresenti oramai una vera e propria piaga", commenta Eleonora Fontana, segretaria regionale Cgil Marche. "La Regione ha impiegato le risorse del Pnrr per interventi mirati a determinati target: giovani, donne e over 50, ma ad oggi i singoli interventi non sembrano aver incentivato le forme di lavoro stabili e di qualità. Serve una visione di lungo periodo per cambiare il modello economico e sociale", conclude. (ANSA).
   

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