Sul contestatissimo blocco di Twitter in Turchia deciso venerdì scorso dal premier, Recep Tayyip Erdogan, dopo le critiche piovute da tutto il mondo, si è abbattuta anche la bacchettata della Corte amministrativa di Ankara, che ha ordinato la sospensione del provvedimento, definito "contrario ai principi dello stato di diritto".
Il nuovo colpo di scena interviene alla vigilia dalle cruciali elezioni amministrative di domenica, nelle quali potrebbe giocarsi il futuro politico del "sultano" di Ankara, invischiato negli scandali di corruzione e sempre più contestato. Su internet - ma questa volta su Youtube, nonostante il blocco di Twitter, peraltro ampiamente aggirato dagli utenti turchi - sono uscite nuove "rivelazioni" compromettenti per il premier. Dai nastri messi in rete da un gruppo di hacker si sinistra e "rubati" dal computer di un consigliere del premier, Erdogan avrebbe organizzato nel 2010 la diffusione di una video a luci rosse dell'allora leader dell' opposizione, Deniz Baykal. Lo scandalo aveva costretto il leader socialdemocratico alle dimissioni. Il suo successore, l'attuale leader del Chp e dell'opposizione Kemal Kilicdaroglu, oggi ha denunciato un "Watergate turco" e ha intimato al premier di "spiegarsi". Il nuovo scandalo si aggiunge alla ormai già lunga serie di rivelazioni e di accuse di corruzione uscite su internet in quella che è la più velenosa campagna elettorale che la Turchia abbia conosciuto da decenni.
Erdogan non ha reagito alla sentenza dei giudici di Ankara. Il vicepremier Bulent Arinc, volto "moderato" del governo islamico, ha detto che "rispetteremo la decisione del tribunale": "Può non piacerci, ma ci conformeremo". Erdogan però ha preso in contropiede più volte in passato Arinc, sconfessandolo fra l'altro quando durante le proteste di Gezi Park il vicepremier aveva tentato la strada della mediazione.
Il blocco a Twitter per ora non è stato tolto. La Tib, la commissione governativa delle telecomunicazioni che formalmente lo ha applicato, ha 30 giorni per adeguarsi alla decisione dei giudici o fare ricorso. Una revoca prima delle elezioni potrebbe fare perdere la faccia al premier, che ancora la notte scorsa in un'intervista Tv ha detto che il governo esige da Twitter - usato per diffondere accuse di corruzione contro Erdogan e altri dirigenti del regime - che cancelli il contenuto ritenuto "diffamatorio" di 700 account. La rete sociale, che oggi ha presentato ricorsi contro il blocco, definito "sproporzionato e illegale" davanti a diverse corti turche, ha detto di avere rifiutato e di avere tolto solo due contenuti, perché contrari alle norme dello stesso Twitter.
La situazione intanto rimane incandescente al confine con la Siria. Una scintilla o una provocazione nella zona di Kesab, dove è in corso un'offensiva dei gruppi armati jihadisti e di Al Qaida arrivati, secondo Damasco dal territorio turco, o attorno al mausoleo di Suleyman Shah, una enclave turca a 30 km in territorio siriano, potrebbe degenerare in conflitto. L'opposizione accusa Erdagan di ricercare una "avventura militare" in Siria per distrarre gli elettori dagli scandali della tangentopoli turca.