Martedì, giorno del vertice dei capi di Stato dell'Asia Pacifico, il presidente cinese Xi Jinping e quello americano Barack Obama avevano smussato gli angoli, mettendo in sordina le divergenze. Oggi hanno calato l'asso. Le due potenze responsabili del 45% delle emissioni totali di anidride carbonica sono pronte a collaborare per salvare l'ambiente e prendono impegni precisi per la loro riduzione. La Cina, per la prima volta, dichiara l'obiettivo di raggiungere il picco delle emissioni nel 2030 e di cominciare a tagliarle da quel momento in poi. Entro quella data, ha annunciato Xi, le cosiddette fonti energetiche pulite, come il solare e l'eolico, potrebbero rappresentare il 20 per cento della produzione totale cinese. Gli Usa, da parte loro, confermano che entro il 2025 taglieranno le loro emissioni del 26-28%. L'accordo ha richiesto lunghi negoziati segreti e, secondo il segretario dell'Onu Ban Ki-moon, è "un importante contributo al nuovo accordo sul clima che deve essere varato l'anno prossimo a Parigi".
L'annuncio, venuto prima dalla Casa Bianca e a pochi minuti di distanza dal governo cinese, è stato dato mentre i due leader entravano in una delle enormi stanze della Sala dell'Assemblea del Popolo, il tetro edificio stalinista che domina piazza Tiananmen, per rispondere alle domande di una selezionata platea di giornalisti. Tolte le giacche indossate per le foto ricordo del vertice - ispirate al 'classico' stile cinese e che a molti hanno ricordato la fortunata serie televisiva Star Trek - e tornati a sobri completi scuri con cravatta, i due leader sono apparsi soddisfatti e rilassati. Obama si è dichiarato "orgoglioso" dell'accordo "storico" e ha aggiunto che "una forte, collaborativa relazione con la Cina" è fondamentale, respingendo le critiche secondo le quali Washington non vede di buon occhio l'emergere di Pechino quale seconda potenza mondiale.
"Se gli Usa continueranno a guidare il mondo nelle sfide globali, dobbiamo avere la seconda economia del mondo dalla nostra parte", ha precisato. Xi ha risposto sottolineando che "l'Oceano Pacifico è grande abbastanza da avere posto per lo sviluppo sia della Cina che degli Stati Uniti, e i due Paesi devono lavorare insieme per garantire la sicurezza in Asia". Un momento di imbarazzo si è avuto quando Xi Jinping ha prima ignorato, poi risposto con durezza - "è colpa vostra, che non rispettate le regole", ha detto in sostanza - a un reporter del New York Times che gli ha chiesto di spiegare perché viene negato il visto ad alcuni dei suoi colleghi. Divergenze sono poi emerse su Hong Kong, quando Obama ha affermato di aver "spiegato chiaramente" al suo interlocutore che gli Usa "sostengono la democrazia" nell'ex colonia britannica ma non hanno "nulla a che fare" con le manifestazioni delle scorse settimane, che secondo la stampa cinese sarebbero orchestrate da Washington. Xi ha risposto che le proteste sono "illegali" e che Pechino "appoggia il governo" locale.
Stesso copione sui diritti umani e Tibet, temi sui quali i due presidenti si sono scambiati critiche. Ma sono stati colpi di fioretto. Presa insieme agli accordi annunciati ieri sulla detassazione del commercio di alcuni beni elettronici e alla tregua dichiarata sul problema di un mercato comune dell'Asia Pacifico, la dichiarazione d'intenti di oggi rilancia il rapporto di collaborazione tra Pechino e Washington. Difficile dire quanto durerà la concordia. Il leader della maggioranza repubblicana al Senato americano, Mitch McConnell ha già aperto le ostilità, definendo "irrealistico" il piano di Obama. L'intesa è stata tuttavia salutata con favore in tutto il mondo. Il Wwf parla di "potente segnale politico" che deve essere ora seguito dalle altre maggiori economie, mentre secondo Legambiente "è una buona notizia" ma ora "bisogna andare avanti affinché tra un anno a Parigi si raggiunga finalmente un accordo globale, rinnovando il protocollo di Kyoto". Plaude anche il ministro dell'Ambiente italiano Galletti, che definisce l'intesa tra Washington e Pechino "un passo epocale" nella giusta direzione.
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