"Siamo liberi, fuori i terroristi". La Tunisia non si arrende. Nonostante l'attacco al cuore del paese, nel museo del Bardo, a due passi dal Parlamento. A colpire i turisti, ossigeno dell'economia. E nonostante le tante vittime, almeno 24. L'unico paese che ha fatto della primavera araba un ponte verso la democrazia ha deciso di non piegarsi e di gridare tutto il suo orgoglio. Lo hanno fatto i deputati tunisini asserragliati in parlamento che, mentre l'attacco era in corso, hanno cantato a squarcia gola l'inno nazionale. Il video, diventato subito virale sui social network, mette i brividi. E lo ha fatto la gente: centinaia di giovani, attivisti e politici si sono riversati in piazza per dire no al terrorismo. Per questo per le strade di Tunisi, blindate dopo l'attacco, non c'è il deserto che ci si potrebbe aspettare dopo un attentato che ha messo in ginocchio il Paese. Il centro di Tunisi è pieno di gente. Si sono tutti riversati in quella da cui è partita la 'loro' rivolta, ad avenue Bourghiba. Con lo stesso orgoglio, la stessa determinazione e la stessa forza dei giorni della rivoluzione dei Gelsonimi, ma questa volta bandiere e slogan gridano la loro rabbia contro i terroristi e non contro un dittatore.
"Cacciare i terroristi è un dovere", hanno urlato i ragazzi, mentre qualcuno ha giurato di essere pronto a difendere la bandiera "con l'anima e con il sangue". Perché ora che "la Tunisia è libera" non saranno certo i terroristi a fermare il cammino del paese: "i terroristi se ne devono andare". "Siamo distrutti, hanno voluto colpire proprio i turisti che rappresentano per noi un bene scaro", dice una ragazza in lacrime. "Quanto è accaduto oggi per noi è un disastro: ci vorranno decenni così perche la rivoluzione faccia il suo corso e porti la nascita di una democrazia vera in Tunisia", spiega invece Nami, un signore attempato che ha scelto comunque di scendere in strada. "L'esercito estirpi il male del terrorismo", invoca qualcun altro. Oltre agli slogan, in piazza ha risuonato quello che ormai è diventato il simbolo della resistenza contro il terrorismo.
L'inno nazionale, urlato a squarciagola, proprio come hanno fatto i deputati tunisini, rinchiusi per ragioni di sicurezza in un'area del parlamento durante l'assalto. E anche i ragazzi e gli attivisti di avenue Bourghiba, quasi a creare un collegamento ideale con i parlamentari democratici frutto della rivoluzione, lo hanno intonato moltissime volte, tra uno slogan e l'altro. La sensazione che si respira è quella di un paese che, come è successo alla Francia dopo le stragi di Charlie Hebdo, ha reagito compattandosi, dalle istituzioni alla gente comune, con un unico obiettivo: non piegarsi al terrorismo. Perché il risultato ottenuto dalla Tunisia, la libertà, è troppo importante per tornare indietro. Lo ha detto chiaramente il presidente tunisino Beji Caid Essebsi: "Abbiamo preso la strada della democrazia e la democrazia vincerà".
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