di Alessandra Baldini
La Casa Bianca delude gli armeni. Mentre a Berlino la cancelliera Angela Merkel sdogana per la prima volta il termine "genocidio", il presidente Barack Obama ha informato la diaspora armena in Usa che non userà questa parola per definire Meds Yeghern, le stragi di massa di cui Erevan commemora dopodomani il centesimo anniversario.
L'ambasciatore di Erevan Zohrab Mnatsakanyan ha elogiato il Papa e il Parlamento di Strasburgo evocando i cento anni del massacro di 1,5 milioni di connazionali da parte dell'Impero Ottomano: "Il genocidio non è una tragedia per una sola nazione: è un promemoria che l'impunità alimenta la ripetizione di quel delitto, in altri luoghi e in altri momenti della storia". Di genocidio degli armeni ha parlato apertamente oggi la cancelliera tedesca Merkel con il premier turco Ahmet Davutoglu: "Oggi la Germania considera il massacro di cento anni fa come un genocidio", ha chiarito la Merkel, ed è una prima volta nella storia del Paese che ha fatto mea culpa per l'Olocausto e dentro i cui confini i turchi rappresentano la più vasta minoranza etnica. Sono molti anche gli armeni in America, 400 mila nella sola California, ma il loro peso, anche economico, non ha smosso la Casa Bianca. Washington ha fatto appello per un "pieno, franco e giusto riconoscimento" delle stragi, ma la parola incriminata non è entrata a far parte del lessico diplomatico degli Stati Uniti per timore di irritare la Turchia, alleato Nato che l'America vorrebbe coinvolta a pieno nella soluzione del conflitto in Siria.
Non è stata una decisione facile. C'è voluta una settimana di dibattito interno per sbarrare la porta alle richieste di Erevan e alle pressioni della diaspora negli Usa. Intanto, mentre in Armenia cominciano le commemorazioni a cui sono attesi sia Vladimir Putin che Francois Hollande, Obama ha annunciato che invierà il segretario al Tesoro Jacob Lew in Armenia per commemorare l'anniversario: per gli armeni d'America non è abbastanza.