Due governi e Parlamenti contrapposti, l'Isis, al Qaida, miliziani armati e lotte intertribali. Dalla caduta nel 2011 di Muammar Gheddafi la Libia è sprofondata nel caos più totale, mentre sotto la mediazione dell'Onu si lavora ad un accordo condiviso per un governo di unità nazionale che gestisca sicurezza e immigrazione.
Ma sul testo manca la firma di Tripoli, divisa sul da farsi. C'è poi l'ingombrante presenza del generale Khalifa Haftar, nominato a capo delle forze armate da Tobruk, che non intende abbassare la testa né accettare diktat. In mezzo i jihadisti affiliati allo Stato Islamico, presenti a Sirte, autori di efferate violenze, come la recente esecuzione di un uomo accusato di essere una spia di Fajr Libya, e di altri orrori. A complicare questa caleidoscopica situazione le spaccature e le alleanze fra i vari gruppi. A Derna, dove l'Isis è stato cacciato, i combattenti della Shura dei mujaheddin (Scmd) hanno stretto legami con al Qaida e combattono sia lo Stato Islamico sia l'esercito di Tobruk. A Bengasi, dove ieri l'aviazione libica ha bombardato una nave con a bordo integralisti armati diretti verso est, proseguono senza sosta i combattimenti, tra l'esercito che controlla circa il 90% della città ed elementi della Shura dei rivoluzionari coordinati con Ansar al Sharia. E poi gli scontri intertribali nel sud del Paese, dove nei giorni scorsi si sono registrati 25 morti. In altre parole una babele incontrollata di fazioni e gruppuscoli che genera il caos totale facilitando, tra l'altro, le partenze dei barconi di migranti.
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