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Abdelhamid Abaaoud, la mente del male

A 28 anni è il capo del supercommando che ha seminato terrore

Redazione Ansa

Sulla scala del terrore, il jihadista Abdelhamid Abaaoud figura al top. Il belga di 28 anni, ritenuto 'mente' degli attentati che venerdì sera hanno insanguinato Parigi, stando a fonti dell'intelligence citate dal Washington Post, sarebbe rimasto ucciso nel blitz delle teste di cuoio al covo di Saint-Denis assieme alla cugina Hasna Aitboulahcen, di 26 anni, fattasi esplodere, e ad un altro uomo. La conferma al Post arriva dopo che gli esperti della Scientifica hanno setacciato il palazzo di Saint Denis presumibilmente per raccogliere il Dna e altre prove.

La cellula - oltre ai tre morti, ci sono anche otto arrestati - stava preparando nuovi attacchi all'aeroporto Charles de Gaulle e nel quartiere d'affari parigino della Defense, secondo l'intelligence francese. Ma il nome del marocchino di nazionalità belga cresciuto a Molenbeek, e conosciuto anche con gli alias Abu Omar al-Baljiki, Abu Omar Al Belgiki, Abd Al-Hamid Abaaoud e Abou Omar Soussi, ricorre nei fascicoli di molte delle inchieste per gli attentati degli ultimi anni in Belgio e Francia.

Emerge nell'attacco al museo ebraico di Bruxelles per i contatti avuti con l'autore Mehdi Nemmouche, è collegato ad un fallito attentato contro una chiesa di Villejuif, e viene fuori anche nell'attacco sventato al treno Thalys Amsterdam-Parigi, poiché Ayoub El-Khazzani era legato ad un gruppo a lui vicino. Nel suo curriculum c'è anche una rapina commessa assieme a Salah Abdeslam, a Bruxelles, nel 2010. L'anno scorso Abaaoud aveva convinto il fratello di soli 13 anni a seguirlo in Siria, facendolo diventare uno dei più giovani jihadisti al mondo, e qualche tempo dopo era apparso in un video postato su Youtube, alla guida di un pick up, mentre trascina alcuni corpi mutilati di 'infedeli' verso una fossa comune.

Il terrorista aveva fatto perdere le sue tracce in Grecia, nel gennaio 2015, dopo lo smantellamento della cellula belga di Verviers di cui era a capo. Lo ha raccontato lui stesso in un'intervista pubblicata su Dabiq (l'organo di propaganda del Califfato) in cui si faceva vanto di aver beffato la polizia belga, che dopo averlo fermato per un controllo, non riconoscendolo, lo aveva lasciato andare. "Sono inseguito da molte agenzie di intelligence, ma non mi hanno preso. Il mio nome e la mia foto sono esposti in tutto il mondo, eppure sono riuscito a rimanere nella loro patria e a pianificare operazioni contro di loro e poi, quando è stato necessario, a riuscire ad lasciare il Paese". Questa volta, però, sembra che non sia andata così.

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