Massima allerta contro il rischio di attacchi terroristici anche in Europa, dopo le bombe di Bruxelles. I maggiori aeroporti delle capitali europee hanno rafforzato le misure di sicurezza. Uomini delle forze speciali in campo negli aertoporti di Ginevra, Francoforte, Amsterdam, Varsavia, Budapest e Fiumicino.
Era solo questione di tempo. Tutte le analisi di intelligence convergevano: presto ci sarà un nuovo attacco terroristico nel cuore dell'Europa. E saranno azioni simultanee ed eclatanti come quelle di Parigi. Francia e Belgio i Paesi più indiziati. Nonostante l'allerta alta, il commando jihadista ha colpito ieri a Bruxelles. E non 'soft target' come un ristorante o una sala concerto, ma obiettivi in teoria ben presidiati: aeroporto e metropolitana.
Un salto di qualità che fa salire ulteriormente le preoccupazioni dei nostri apparati di sicurezza. L'Italia resta infatti nel mirino, come dimostrano le continue informative e minacce valutate dagli 007, anche se non ci sono segnali specifici di un'azione imminente. Dall'Africa alla Turchia all'Europa, prosegue dunque la sanguinosa strategia dello Stato Islamico: messo in difficoltà dai bombardamenti della coalizione internazionale nel territorio conquistato del cosiddetto 'Siraq' (la porzione di Siria ed Iraq su cui sventola la bandiera nera di al Baghdadi), si proietta nel resto del mondo con una serie di attacchi terroristici che hanno l'obiettivo di destabilizzare e - nello stesso tempo - dimostrare la propria potenza. Ed in questa strategia l'Europa è un obiettivo allettante.
Per questo le informative dei servizi negli ultimi mesi davano conto della preparazione di attentati di "enorme impatto" sul modello di Parigi, condotti da una sorta di 'forze speciali' del Califfato, composte anche da persone nate e cresciute nel Vecchio Continente, ma addestrate militarmente nei teatri di guerra di Siria, Iraq ed Afghanistan o anche in alcune zone dei Balcani. Commando che possono agire su generico input dello Stato Islamico, ma che poi organizzano e portano a termine l'attacco autonomamente in territorio europeo, comunicando tra loro con cellulari usa e getta e su chat criptate per non essere intercettati. Gli attentati di Bruxelles erano in preparazione da tempo, non si improvvisano da un giorno all'altro. Si tratta evidentemente di azioni che hanno richiesto una meticolosa organizzazione con il coinvolgimento di diversi soggetti per il supporto logistico, il reperimento di armi ed esplosivo. Ma la decisione di passare all'azione potrebbe essere stata anticipata in risposta all'arresto di Salah Abdeslam, giovedì scorso. Un modo, appunto, per tenere sotto scacco l'opinione pubblica europea e dimostrare che la 'guerra all'Occidente' non si ferma, ma colpisce come e quando vuole, anche nella presidiatissima capitale dell'Ue.
E se attentati del calibro di quelli di Parigi e Bruxelles paiono difficilmente replicabili in Italia per la mancanza di analoghi 'serbatoi' di fiancheggiatori e cellule jihadiste strutturate, resta tuttavia l'allarme 'lupi solitari', terroristi che si auto-attivano ed agiscono autonomamente. Una tipologia molto difficile da prevenire e contrastare. Ci sono poi altri due elementi che preoccupano sul fronte interno: la continua crescita dei foreign fighters (sono una novantina quelli 'italiani'), anche se ancora lontani dai numeri di Francia (un migliaio) e Belgio (400) e dei giovani che si radicalizzano sul web aderendo alla chiamata alle armi dell'Isis.
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