Non solo paradisi fiscali per evasori, ma anche oasi al riparo da occhi indiscreti per le azioni coperte dei servizi segreti. A partire da quelle della Cia.
Dopo lo scandalo dei Panama Papers la Commissione Ue punta a rafforzare la sua azione contro l'evasione e l'elusione fiscale che costano all'Europa 50-70 miliardi all'anno, e assesta un nuovo colpo alle multinazionali: per loro scatterà l'obbligo della massima trasparenza e dovranno rendere pubblici i dati sulle tasse che pagano, i redditi che producono e i profitti che spostano. Una proposta che però non è piaciuta alla Confindustria europea, che vede un rischio di allontanamento degli investitori dall'Europa, e che non ha soddisfatto nemmeno le ong come Oxfam e Transparency International che non la considerano sufficiente. Il commissario ai servizi finanziari Jonathan Hill è invece convinto che la sua ultima mossa porterà alla luce i 'traffici' delle multinazionali, stabilendo il principio che "le tasse si pagano laddove si generano i profitti". La direttiva - che ora passa al vaglio del Parlamento e del Consiglio - era in cantiere da tempo ma dopo i Panama Papers è stata estesa per colpire anche le attività delle aziende nelle 'giurisdizioni non cooperative', ovvero nei paradisi fiscali. E' la prima volta che la Ue introduce il principio dello "scrutinio pubblico" in materia fiscale. Dopo aver reso automatici gli scambi di informazioni fiscali e di 'tax ruling' tra gli Stati Ue, la Commissione si è spinta oltre gli standard Ocse in materia di trasparenza.
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