Incredulità e sconcerto regnano nella Dachauer Strasse, una zona piuttosto benestante di Monaco, certamente non un ghetto senza speranze di migranti. "Non capisco perché una persona che non vuole più vivere deve uccidere anche altre persone", dice in lacrime una vicina di Ali Sonboly, il giovane killer che ha seminato morte e terrore nel centro commerciale Olympia. Nessuno sembra aver captato il dramma che stava maturando nella mente di questo ragazzo. Quella dei Sonboly non è una storia di emarginazione sociale.
Il condominio, nel quale vivono, è di recente costruzione. A pianoterra c'è un autosalone della Maserati e un negozio di vestiti da sposa. Ali frequentava la scuola e per arrotondare nel tempo libero consegnava giornali. Il padre lavora come tassista e la madre come commessa nei grandi magazzini. Ha anche un fratello. Certo, non c'è benessere, Bmw e Audi che sfrecciano in continuazione lungo la strada restano solo un sogno molto lontano. Nel ragazzo matura però il folle progetto.
Nella sua stanza accumula libri e articoli su stragi, in gran segreto acquista una pistola, una Glock 9 millimetri, con il numero di matricola cancellato, e centinaia e centinaia di proiettili. Come data della 'sua' strage sceglie il 5/o anniversario della mattanza di Anders Breivik.
"Probabilmente il ragazzo aveva forte tendenze autodistruttive e voleva lasciare un segno". Lo dice Ulrike, una operatrice socio-assistenziale che abita nei pressi. "Conosco bene questa via come anche il centro commerciale che è un punto di ritrovo dei ragazzi della zona". Secondo l'operatrice, l'attentatore "forse si sentiva escluso dai suoi coetanei e per questo è andato a colpire proprio loro". Questo viene invece smentito da una ragazza, che abita al secondo piano del condominio e che l'anno scorso frequentava la stessa scuola. "Non era emarginato", dice. "Girava sempre con due, tre amici. Salutava sempre, solo ieri - a pensarci bene - ha guardato in basso, quando ci siamo incontrati sulle scale", racconta.
Gli altri vicini, tempestati dalle domande dei cronisti, confermano: "Era un ragazzo davvero tranquillo, perbene, non lo ho mai visto arrabbiato", dice uno. "La famiglia - aggiunge - non ha mai creato problemi".
Per gli inquilini della Dachauer Strasse 69 la notte della strage è stata breve. Nessuno immaginava che la scia di sangue del centro commerciale Olympia potesse portare fin qui. "In piena notte - racconta Hydar, un altro inquilino - la polizia ha bussato alla nostra porta e ha chiesto informazioni sulla famiglia Sonboly. Lo spavento è stato grande. E' una tragedia inspiegabile". Al quinto piano l'appartamento della famiglia di Ali: il tappetino all'ingresso reca la scritta "Benvenuti" in varie lingue. Nessuno apre, venerdì alle 17.55 è cambiata la vita della famiglia Sonboly e con loro di molti abitanti di Monaco.