Una montagna di 19 mila norme europee incombe su Londra con la Brexit. La Gran Bretagna dovrà trasformarle in leggi nazionali e magari abolirne un certo numero, in nome di quello sfoltimento radicale invocato come un mantra dai critici della "elefantiaca euroburocrazia" di Bruxelles: 'hard brexiteers' in testa. La mole, calcolata in un rapporto della Camera dei Comuni che include leggi e regolamenti vari, costituisce comunque una sfida senza precedenti. Forse improba nelle scadenze previste per i funzionari di Sua Maestà.
Un compito difficile che non può che iniziare, come spiegato più volte dalla premier Tory britannica, Theresa May, proprio da una grande legge, la Great Repeal Bill, necessaria a cancellare l'European Communities Act del 1972 attraverso il quale il Regno Unito recepì la legislazione comunitaria. E avviare di fatto la 'trasmigrazione' nazionale di tutte le norme europee in modo che il parlamento di Westminster possa poi confermarle o annullarle a piacimento. Tante le materie in ballo: dall'energia, ai trasporti, all'agricoltura e alla pesca, fino ai codici del lavoro. Quest'ultimo settore, in particolare, interessa gli imprenditori che vorrebbero eliminare una serie di paletti sui turni di lavoro fissati da Bruxelles a tutela dei dipendenti, introducendo invece un ancor maggiore flessibilità degli orari.
Ma ci sono pure norme che i sudditi di Elisabetta, spesso individualisti e quasi sempre refrattari a ogni imposizione in arrivo dal continente, sarebbero felici di abbandonare a prescindere dalla distinzione di ceto. Si va dal divieto degli aspirapolvere troppo potenti fino all'obbligo di usare lampadine a basso consumo energetico. Torna quindi di moda la parola d'ordine dei tempi di Margaret Thatcher, 'deregulation', vista anche come una forma d'impulso all'economia nazionale del dopo Ue, sebbene in contrasto con le promesse di un conservatorismo più sociale fatte - almeno a parole - dal governo May. E del resto l'horror vacui, il timore di vuoti (normativi) da colmare non contagia tutti. Anzi, non manca chi invoca con entusiasmo - ad esempio l'euroscettico Daily Telegraph - un "grande falò" delle leggi europee. Quasi come un esorcismo di fronte alle incognite d'un futuro comunque tutto da ricostruire.
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