Doha ha visto uccidere il figlio di appena 4 anni dall'Isis, nel giardino di casa a Qaraqosh. Rafah è rimasta sola a Bassora: i figli, i fratelli e tutti i parenti sono andati via dall'Iraq in cerca di fortuna. Nadia, yazida, dopo le sue sofferenze, è stata insignita del Premio Nobel per la Pace, ma chiede ancora che le cose cambino e plaude alla visita di Papa Francesco in Iraq. Sono le voci delle donne irachene in primo piano nella visita di Papa Francesco. Cristiane, yazide, ma anche musulmane, accomunate da una vita difficile in questo Paese ferito dalle guerre e dal terrorismo. Nell'Iraq che, fino agli anni '70 aveva visto un progredire dell'universo femminile con l'aumento della scolarizzazione e il diritto di voto conquistato negli anni '80, da quarant'anni ha visto invece un deterioramento delle condizioni e dei diritti delle donne. L'irrompere del fondamentalismo islamico, con l'Isis, è solo l'ultima delle pagine che ha segnato per le donne un aumento della subalternità, ai mariti, ai padri, ai fratelli. Poi le sofferenze delle guerre e del terrorismo: molte sono rimaste vedove o senza i figli maschi uccisi sul 'fronte' che in Iraq è il Paese, non una sola linea di guerra. Il Papa ha letto nei loro occhi e cuori e ha chiesto il rispetto per loro che hanno subito le ferite più profonde. "Le madri consolano, confortano, danno vita. E vorrei dire grazie di cuore a tutte le madri e le donne di questo Paese, donne coraggiose che continuano a donare vita nonostante i soprusi e le ferite. Che le donne siano rispettate e tutelate! Che vengano loro date attenzione e opportunità!", ha detto il Papa alla vigilia dell'8 marzo. Il suo viaggio era cominciato con un dono, da una giornalista spagnola, sul volo papale: una riproduzione della 'lista dei prezzi' dell'Isis. Le donne venivano rapite, stuprate, vendute. Ma i prezzi, affissi anche sulle porte di botteghe e moschee, variavano a seconda dell'età, della religione o dell'appartenenza etnica. "Una tragedia", ha commentato Francesco puntando il dito però anche contro l'Europa "dove c'è la tratta", ha detto riferendosi alle donne che vengono portate nei Paesi occidentali, da quelli poveri, per prostituirsi. Donne e Iraq, un binomio difficile. Ancora di più se sei cristiana. Doha Sabah Abdallah racconta come ha visto morire il suo bambino: "Quella mattina eravamo indaffarati con le solite cose e i bambini stavano giocando davanti alle nostre case, quando è successo un incidente che ci ha costretti ad uscire. Ho sentito un colpo di mortaio e sono uscita da casa di corsa. Le voci dei bambini sono ammutolite mentre aumentavano le urla degli adulti". Il suo piccolo era morto assieme al cugino con il quale stava giocando. La sofferenza di mamma è immane anche se, in nome di Dio, ha perdonato. Rafah Baer è del piccolo gruppo dei mandei. E' di Bassora ed è rimasta sola. Figli e parenti sono emigrati e "anch'io ho il passaporto pronto" ma in realtà "voglio restare nella mia terra", "essere sepolta qui", "sperare che ci sia rispetto per tutti, a partire dalle donne". La più famosa è Nadia Mourad, Nobel per la Pace nel 2018, giovane curda di etnia yazida prigioniera e vittima delle violenze dell'Isis. Per la visita del Papa ha scritto una lettera aperta: "E' un'opportunità per affrontare in modo completo i bisogni delle comunità colpite". Servono ancora oggi "supporto terapeutico ai sopravvissuti, in particolare alle donne".
Leggi l'articolo completo su ANSA.it