(di Rodolfo Calò)
Il CAIRO - Un'organizzazione non profit internazionale con sede in Italia, Still I Rise, sta per aprire un centro nella Repubblica democratica del Congo che punta a strappare i bambini-minatori dall’inferno dell’estrazione del cobalto e di altri minerali. Lo ha ribadito all’ANSA Nicolò Govoni, Direttore esecutivo della Onlus.
Il “centro di emergenza e riabilitazione” sorgerà “in autunno” nell’area di Kolwezi, nel sud del Paese, “dove si concentrano le più grandi miniere di cobalto del mondo, con lo scopo di togliere i bambini dal lavoro minorile e di riportarli a scuola”, ha previsto Govoni. “Ci proveremo attraverso attività di sensibilizzazione e distribuzioni di beni di prima necessità alle famiglie, come ad esempio pacchi alimentari, vestiti e kit igienici, in modo che i figli non siano più costretti a lavorare”, ha aggiunto.
La “violazione dei diritti dei bambini nelle regioni minerarie è allarmante”, aveva sottolineato Sarah Evans, Direttrice dei Programmi di Still I Rise, in un comunicato diffuso il mese scorso in occasione dell’ottenimento di tutte le autorizzazioni ministeriali per iniziare le operazioni.
Il lavoro minorile in Congo è una piaga ben nota, veniva ricordato nel testo. Sebbene, dopo una denuncia di Amnesty International, il Paese abbia annunciato di voler eliminare entro il 2025 l’impiego dei bambini nel settore minerario, attualmente questi continuano a essere sfruttati senza il minimo rispetto dei diritti umani. Una stima Unicef, ma risalente al 2014, parla di circa 40mila bambini impegnati nell’estrazione del cobalto. I turni di lavoro arrivano a 12 ore al giorno, durante le quali i minori scavano la roccia a mani nude trasportando sacchi di pietre spesso più pesanti di loro stessi. La retribuzione varia da 1 a 2 euro al giorno, a discrezione dei commercianti che pagano in base al peso e alla purezza dei minerali estratti.
“I siti di lavorazione mineraria sono un inferno sulla terra. I lavoratori spendono ore nell’acqua acida, a spaccare pietre, per poi lavarle e venderle a prezzi stracciati alle società minerarie. Una gran parte di questi lavoratori sono bambini di tutte le età. 7, 9, 13, 16 anni”, aveva riferito il mese scorso Giovanni Volpe, Nairobi Program Manager che assieme a Govoni ha visitato di recente la zona. “Ma non mancano i neonati, fasciati sulla schiena delle madri mentre queste scavano, estraggono, spaccano, lavano e ripetono" fra "suolo tossico", e "acqua torbida”, ha aggiunto Volpe.
Il Congo, da solo, produce più del 3% del rame e del 50% del cobalto venduti al mondo, ricorda la Onlus. Anche diamanti, coltan, oro e petrolio sono presenti in abbondanza nel territorio del Paese, che però si classifica 175/o su 189 nazioni per indice di sviluppo umano e in cui il 72% delle persone vive in condizioni di estrema povertà, con meno di 1,50 euro al giorno, senza accesso ai servizi essenziali. La situazione dei bambini è catastrofica: il 43% soffre di malnutrizione e sono 3,5 milioni i minori in età primaria fuori dalla scuola.
Nella regione del Katanga, dove si concentra la maggior parte dell’estrazione mineraria congolese, si registra il tasso più alto di mortalità infantile del mondo: 1 bambino su 5 muore prima del compimento dei 5 anni, ha ricordato Still I Rise.
La Onlus è attiva anche in Kenya, dove ha avviato la prima Scuola Internazionale per minori profughi e vulnerabili del continente africano. L’istituto rilascerà diplomi IB (International Baccalaureate) e permetterà agli studenti di accedere alle migliori università del pianeta.