Julian Assange andrebbe "esaltato" per aver fatto emergere, attraverso i documenti segreti intercettati da WikiLeaks, tanti fatti inconfessabili e crimini di guerra imputati agli americani in Afghanistan e in Iraq; non certo consegnato agli Usa, che gli danno la caccia da oltre un decennio e dove rischia di andare incontro a una condanna monstre a 175 anni di galera. Lo ha detto oggi l'ex leader laburista britannico, Jeremy Corbyn, unendosi ad alcune decine di attivisti e sostenitori del 50enne australiano dinanzi all'Alta Corte di Londra, sede del processo d'appello intentato dal governo di Washington di fronte alla giustizia del Regno Unito contro il no all'estradizione opposto da una giudice londinese di primo grado nel gennaio scorso sulla base del pericolo di suicidio legato al prevedibile trattamento giudiziario e carcerario oltre Oceano: processo la cui seconda e ultima udienza è in corso oggi, prima dell'attesa di un nuovo verdetto previsto orientativamente non prima di 6-8 settimane.
Julian - ha denunciato Corbyn - "non ha commesso alcun crimine e malgrado questo è detenuto in una prigione di massima sicurezza (britannica in attesa della decisione finale sull'estradizione)... Questo è ciò che abbiamo fatto ad una persona che ci ha detto la verità: la verità sull'Afghanistan, sull'Iraq, sulla sorveglianza globale che incombe su di noi, su un'incredibile quantità di segreti nascosti dagli Usa e naturalmente da molti altri governi in giro per il mondo". L'ex numero uno del Labour ha quindi elogiato "il coraggio e la determinazione" di Assange, insistendo sulla necessità che "in primo luogo non venga trasferito negli Stati Uniti in nessun caso; e in secondo luogo sia rilasciato dal carcere di Belmarsh affinché possa riprendere una vita normale con la sua compagna e i suoi figli".
Corbyn in sua difesa: "Assange va ringraziato non estradato"
Si chiude appello su no alla consegna agli Usa, lunga attesa per il verdetto