Supermercati, banche e ristoranti chiusi, la polizia che presidia i punti nevralgici, le truppe russe che controllano l'aeroporto. Una cappa di silenzio e di tensione pesa su Almaty, teatro delle peggiori violenze dei giorni scorsi in Kazakhstan.
"Abbiamo avuto a che fare con criminali armati e addestrati, sia locali che stranieri. Pertanto, devono essere distrutti", taglia corto Tokayev. Ma il presidente ne ha anche per i media e le organizzazioni per i diritti umani, "demagoghi irresponsabili" lontani dal sentire del popolo kazako, che a suo dire hanno avuto "un ruolo istigatore alle violazioni della legge e dell'ordine". Mentre Internet comincia a essere riattivato in alcune regioni del Paese, e il presidente promette di revocare lo stato d'emergenza nelle aree in cui la situazione sarà tornata alla calma, il Kazakhstan comincia a fare i conti con le conseguenze di questi cinque giorni di violenze. Secondo le autorità sono stati uccisi 26 di quelli che definiscono "criminali" e 18 membri delle forze dell'ordine, di cui due sarebbero stati decapitati. Oltre 3.800 gli arresti e non meno di 400 i feriti ricoverati negli ospedali. Il tutto provocato da uno scoppio di rabbia popolare innescato da un'improvvisa impennata dei prezzi del Gpl, ma che non sembra tradursi in una reale minaccia per il regime a causa della mancanza di un'opposizione organizzata. Un ruolo rivendicato in un'intervista alla Reuters - non è chiaro con quale reale autorità - dall'ex oligarca Mukhtar Ablyazov, accusato in patria e in Russia di reati finanziari ma che vive in Francia con lo status di rifugiato politico. Abliyazov, tra l'altro, è il marito di Alma Shalabayeva, espulsa nel 2013 dall'Italia insieme con la figlia Alua verso il Kazakhstan. Solo dopo alcuni mesi a madre e figlia fu consentito di lasciare il Paese asiatico per fare ritorno appunto in Italia.
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