Kiev è una città col magone. L'aria improvvisamente si è fatta viziata e non c'è modo di ricambiarla.
La fuga, si diceva. I treni, certo, come negli scorsi giorni.
Sempre più gremiti. Le auto, con l'incubo di trovare i militari russi o le infrastrutture danneggiate. Ancora, però, chi vuole partire lo può fare. Anzi, in un certo modo è stata incoraggiata a farlo. "La popolazione di Kiev può lasciare liberamente la città", ha annunciato l'esercito russo. Ma a voler scappare adesso non sono solo gli ucraini. Anzi. C'è il problema dei tanti stranieri che ancora sono in città. Le rappresentanze diplomatiche rimaste fanno quello che possono, con enormi difficoltà. Gli europei si aiutano, fanno gruppo; preparano convogli comuni per garantire la sicurezza, specie per i bambini, alcuni anche molto piccoli se non in fasce. La Francia è andata via, l'Italia è ancora qui. Ma sono gli ultimi sussulti. Il Portogallo smobilita domani. L'Onu starebbe organizzando convogli e questa potrebbe essere una soluzione per evacuare gli sfollati (o perlomeno una parte).
La certezza, ovviamente, che le cose a Kiev debbano peggiorare non c'è. Ma i segnali non sono buoni. Kharkiv ha assaggiato ad esempio l'amara medicina di Vladimir Putin. Una gragnuola di missili Grad s'è abbattuta sulla città, colpevole di aver resistito ferocemente. "Hanno bombardato le zone residenziali, temiamo decine di morti", ha denunciato il governatore regionale Oleg Sinegoubov. In tutto questo i negoziati procedono e ci si attacca alla speranza che si possa trovare un accordo last minute. In realtà appena terminato il primo round a Kiev si sono udite tre potenti esplosioni: i video che rimbalzano nelle chat mostrano il cielo ormai scuro incendiarsi, a chiudere la quinta tre grandi palazzoni della periferia. La capitale, insomma, non è più considerata sicura e i segnali sono quelli dei grandi preparativi a scontri sostenuti. Una grande organizzazione internazionale, di quelle che stanno sempre nei posti peggiori, in giornata ha riposizionato il personale fuori Kiev, lasciando in centro solo una cellula avanzata - con lacrime e abbracci tra chi restava e chi partiva.
La gente però non si è liquefatta nell'aria. In mattinata, dopo quasi due giorni di coprifuoco in cui era vietato uscire di casa, si sono formate lunghe file ai supermercati e agli alimentari: spesa grossa, perché non sai quando ne avrai ancora la possibilità. Una donna - "niente nomi" - delle brigate di resistenza territoriale si è avvicinata e ha chiesto a chi può di portare cibo a un indirizzo dove è stato organizzato una cucina sociale. "Dobbiamo tenere in forze non solo i soldati, ma anche i medici, gli infermieri, i pompieri...", spiega con un sorriso. L'assedio, insomma, oltre che duro potrebbe anche essere lungo.
Kiev, barricate e trappole anti-tank. Via i civili
Le ambasciate e l'Onu al lavoro per evacuare gli stranieri