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Rabbino Wolff, 'ci sarà un Rinascimento ucraino'

Diecimila ebrei già via da Odessa, 'per noi questo era un Eden'

Il rabbino di Odessa, Avraham Wolff

Redazione Ansa

La sera del 22 febbraio Avraham Wolff telefonò ad un suo amico in Svizzera. "Lui è molto, molto ricco. Gli chiesi provviste per mantenere la nostra comunità per un anno, nel caso fosse scoppiata la guerra. Mi disse che ero pazzo. E che le probabilità che scoppiasse un conflitto in Ucraina erano le stesse che io mi convertissi all'Islam". A parlare, in un'intervista all'ANSA, è il rabbino di una delle due sinagoghe di Odessa, città che vanta, storicamente, una delle maggiori comunità ebraiche d'Europa.

A un mese dalla guerra, Wolff non solo si ritrova ad aver avuto ragione ma è, più che mai, punto di riferimento sostanziale e psicologico per la congregazione Chabad Lubavitch, da lui guidata. Eppure il rabbino, anche nei giorni più bui, mantiene una certezza: "Qui dopo la guerra arriverà un Rinascimento. Il Paese sarà ricostruito all'insegna della libertà e dell'unità". Sono circa diecimila gli ebrei che, in un mese, hanno lasciato Odessa. Tra i primi a partire sono stati 120 bambini. "Volevamo portarli a Berlino. Ci chiesero pile di documenti. Cominciando a lavorarci. Mio figlio di 25 anni poi li ha accompagnati, superando sette Paesi: Moldavia, Romania, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Polonia", racconta il rabbino.

Nato in Israele, avvezzo agli studi internazionali, Wolff si è trasferito da giovane a New York, per poi stabilirsi a Odessa. Il suo studio, alle spalle della sinagoga, è ricolmo di libri, in mezzo ai quali campeggia una enorme chiave dorata. "E' quella della sinagoga Brodskij. Mi è stata data dal governatore dell'Oblast 5 anni fa. Aspettavamo questo momento da decenni", spiega Wolff, parlando di uno degli edifici simbolo di Odessa, confiscato dalle autorità sovietiche e divenuto, dopo la seconda guerra mondiale, Archivio cittadino. I documenti sono ancora lì ma dopo la guerra la congregazione Chabad trasformerà la sinagoga in un museo. "Questo è un esempio di come la comunità ebraica vive qui. Di una cosa sono sicuro, la religione non ha nulla a che vedere con questa guerra. Tutti i rabbini al mondo, dall'Uganda a New York, hanno sempre invidiato la nostra vita sociale qui. Il rispetto che c'è per la nostra comunità, la nostra libertà. Noi possiamo fare tutto ciò che vogliamo", sottolinea Wolff. Erano venticinquemila gli ebrei che, prima della guerra, vivevano a Odessa. Il rientro di una parte di loro, forse, dipenderà anche da quanto sarà forte il supporto dell'Occidente all'Ucraina. "Ma io non sono sorpreso di quanto l'Europa non abbia aiutato Kiev. E' evidente che ognuno ha i suoi interessi e questo valeva anche per l'Europa con la Russia", osserva Wolff. Eppure, assicura, ciò non impedirà l'arrivo del Rinascimento ucraino, dopo la guerra. "E vedrete, allora saranno gli europei a voler venire qui".

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