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"Questa orrenda guerra ci insegnerà che nessuno può farcela da solo, ci insegnerà ad essere tutti più solidali". Gilet giallo e sorriso sul volto, Krzysztof è uno dei tanti, tantissimi, cittadini polacchi che da un mese stanno dedicando anima e corpo all'assistenza delle centinaia di migliaia di rifugiati ucraini che ogni giorno attraversano il confine. Fino al 24 febbraio la sua vita era dietro una scrivania, quella dell'ufficio di presidenza di una compagnia assicurativa. Ma quando Putin ha dato inizio all'invasione dell'Ucraina non ci ha pensato due volte e si è messo subito a disposizione. "In quei giorni ero a Napoli - racconta - ma quando sono tornato ho visto la folla che c'era alla stazione degli autobus vicino casa mia e ho subito compilato il modulo per diventare volontario". Polacco di Varsavia, Krzysztof ha un tono di voce rassicurante, mai sopra le righe, tranquillizzante. Sulla pettorina che ormai da più di un mese è diventata la sua seconda pelle ha appuntata la spilla della Russia, il simbolo della seconda lingua che sa parlare.
In realtà Krzysztof conosce bene anche l'italiano ma in questi giorni non serve a granché. "L'ho imparato all'istituto italiano di cultura - racconta -. In questo momento però è più utile il russo che abbiamo imparato a scuola per poter comunicare con i rifugiati". Le sue giornate ora sono "troppo corte", come dice lui stesso. "Ufficialmente lavoro ancora come presidente della compagnia assicurativa - dice -, ma il resto del mio tempo lo dedico al volontariato". E ci sono giornate in cui anche riposare può diventare complicato, tra turni di notte alla stazione centrale di Varsavia e riunioni di lavoro, ormai solo virtuali. Per qualche giorno nel suo appartamento ha anche ospitato alcune donne ucraine. "Non ho una casa molto grande - spiega - ma non importa. Siamo stati un po' stretti ma comunque al sicuro. Questo è più che sufficiente per queste persone che fuggono dalle bombe".
"Ci sono tante persone che come me hanno deciso di diventare volontari - aggiunge Krzysztof -. Chi arriva qui in Polonia ha con sé appena una borsa o una valigia. Ma la cosa più devastante è che spesso non hanno amici o parenti né qui né in Europa. Non hanno idea di cosa fare o di dove andare a vivere. Noi non possiamo fare altro che aiutare, è nostro dovere". Ogni giorno per i volontari c'è una nuova sfida da affrontare tra la ricerca di un posto dove indirizzare chi arriva dall'Ucraina e l'organizzazione di qualche viaggio verso le destinazioni più disparate. "Qualche giorno fa - ricorda - un ragazzo mi ha chiesto di trovare una persona di cui conosceva solo il nome in una città di cui non avevo mai sentito parlare vicino al confine con la Germania, una cosa praticamente impossibile in altri tempi. Grazie ad un giro di telefonate sono riuscito a sapere che il cognome di quella persona era diffuso in un paesino e che chi stava cercando era proprio lì". Di storie e racconti Krzysztof ne avrebbe da raccontare all'infinito e spesso deve moderai le labbra per non commuoversi. "Io spero che tutto questo finisca il prima possibile - conclude -, ma di certo dopo saremo tutti persone diverse".
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