Non è Spoon river, non è la morgue. Chi cerca i parenti o gli amici scomparsi nelle case, nelle strade, nei bunker improvvisati di Mariupol, ma anche delle martoriate Mykolaiv e Kharkiv, spera ancora nella vita. E si affida anche ai social. Una pagina su Facebook è dedicata proprio a chi cerca ancora piccoli segnali in un mare di morte: tante piccole bottiglie con dentro messaggi che galleggiano nell'oceano di palazzi sventrati, auto distrutte, vetri, pezzi di asfalto, finestre saltate, case e esistenze in frantumi. Si cerca un po' di umanità dove anche la pietà è morta. "Per favore aiutatemi a trovarli. Non c'è stata alcuna comunicazione dal 2 marzo. Forse qualcuno li ha visti. Qualsiasi informazione è importante. Credo siano vivi. Syshchenko Nastya, Seryozha, il figlio Nikita. Sulla riva sinistra di Mariupol", scrive Akenka Sapaga postando le foto di una famiglia. E di richieste così ce ne sono a centinaia. Le foto sono le ancore che si gettano per raccogliere qualcosa che allontani dalla morte. Foto di bimbi, mamme, nonne, padri, amici, colleghi, foto che ritraggono una vita fa -ma erano appena trenta giorni addietro- una vita dove c'era spazio per sorrisi, abbracci, vestiti della festa, tavole imbandite.
"Salve, cerco un'amica e la sua famiglia a Mariupol, Koponeva Christina, per favore fatemi sapere se avete informazioni", scrive Viktoria e mette accanto una foto di una donna, un uomo e una bimba felici. Oksana cerca un papà col suo bimbo ritratti ad una festa. Anche la famiglia Ushakov nella foto è ad una festa: nello scatto ci sono solo la madre con i due figli. Il papà non c'è perchè è lui a cercarli. Nastya, Alex, Nataliya, Svetlana.
Nomi e numeri di telefono, nomi e strade, nomi e foto. Nomi e date di nascita. Tutti aspettano di essere trovati. Tanti cercano amici e parenti che non risultano nelle liste di evacuazione. Molti cercano adolescenti inghiottiti chissà dove e postano foto di sorrisi lontani, magari abbracciati ai genitori. Altri sono sulle tracce di anziani, per lo più nonni, descritti come indifesi o disorientati. Fragili, spauriti.
Tantissimi quelli che hanno perso i contatti con chi a Mariupol abitava sulla 'riva sinistra', la parte della città dove sono state denunciate deportazioni etniche di sfollati costretti ad andare in Russia. Basta solo quella geolocalizzazione, 'riva sinistra', a presagire un destino che non è proprio morte ma quasi.
C'è anche chi come Elena Maksakova chiede di andare a soccorrere persone bloccate in qualche rifugio sotterraneo -"la casa in viale Costruttori 78, Mariupol, nel seminterrato del primo ingresso, c'è chi aspettava aiuto da tempo. Mio padre disabile, mia sorella e molte altre persone non possono andare da nessuna parte, vecchi, esausti, freddi e affamati"; chi, come Edgar, mettendo un indirizzo, disperatamente domanda: 'se passate da Meotida Boulevard 10 ditemi in che condizioni è quella casa, ci abitano ancora persone'. Si cerca anche di dare identità a feriti senza memoria. Nelya posta la foto di un giovane in un letto e ci prova ancora a dargli un nome perchè "è la seconda settimana che siamo alla ricerca di parenti ma niente". Per tantissimi dal destino ignoto qualcuno ogni tanto si trova, 'ringrazio Dio, ho ritrovato Igor'. Ma appena sotto compare Daria Nikolaevna Shustova, 18 anni, una foto come tante ragazzine, jeans e capelli sciolti. "E' di Volnovakha, i suoi parenti di Makeyevka la stanno cercando. Studiava a Mariupol, qualcuno dice che è stata uccisa o ferita gravemente... ma i genitori non perdono la speranza', scrive Irina lanciando il suo messaggio nella bottiglia. Non perdere la speranza sembra l'unica cosa da fare in tutta questa umanità assediata.