La Commissione accelera sul via libera alla concessione dello status di candidato Ue all'Ucraina. Dopo aver esaminato le due parti del questionario consegnato da Kiev a Bruxelles su impegni e requisiti per ottenere lo status, l'esecutivo europeo, secondo quanto anticipato da Bloomberg, la settimana prossima potrebbe varare l'attesa raccomandazione. Per l'Ucraina sarebbe una prima, concreta vittoria sul percorso di avvicinamento all'Ue. Ma il sì della Commissione, senza una ratifica del Consiglio europeo di fine giugno, rischia di essere inutile. E sulla candidatura di Kiev, gli Stati membri, finora si sono mostrati tutt'altro che uniti. La mossa di Ursula von der Leyen va nella direzione auspicata da Volodymyr Zelensky in un momento di critica impasse della guerra tra Russia e Ucraina. La raccomandazione dovrà essere approvata dal collegio dei commissari (cosa non scontata) e, in ogni caso, sarà un via condizionato. Nel testo, infatti, la Commissione potrebbe inserire la necessità che Kiev rispetti i parametri europei dello stato di diritto e della legislazione anti-corruzione. Ma il nodo della candidatura resta soprattutto politico. Del dossier von der Leyen ne ha parlato anche con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che l'ha ricevuta al Quirinale. Non ci deve essere nessuna "sordina" e nessun "ritardo" nell'allargamento dell'Ue, è stato il messaggio del Capo dello Stato che ha fatto riferimento anche ai Balcani Occidentali. Del resto l'Italia si è già espressa a favore della candidatura dell'Ucraina. Unico - come ha spiegato il premier Mario Draghi all'ultimo summit europeo - tra i grandi Paesi dell'Unione, finora. La notizia della mossa di Palazzo Berlaymont arriva mentre, anche a Strasburgo, il Parlamento Ue accelera su un altro complesso dossier europeo, la modifica dei Trattati. L' Eurocamera ha infatti dato il là al lungo e difficile percorso che, da qui ai prossimi mesi, potrebbe portare alla modifica dei Trattati Ue, varando una risoluzione approvata con 355 sì, 154 contrari e 48 astenuti- Il testo mette nero su bianco le proposte giunte dalla Conferenza sul Futuro dell'Europa. Una su tutti: il superamento della regola dell'unanimità. E, con la guerra in Ucraina e i continui veti di Orban, anche i governi più influenti dell'Ue hanno cominciato a pensare seriamente alla possibilità. Il Trattato di Lisbona ha già limitato i casi in cui, in Consiglio Ue o ai summit dei leader Ue, sia obbligatorio il consenso unanime. La guerra in Ucraina ha messo tuttavia in evidenza come, l'unanimità, possa rallentare nettamente l'azione comunitaria. Basti guardare ai continui veti dell'Ungheria di Viktor Orban sul sesto pacchetto di sanzioni anti-russe. "Siamo aperti ad una evoluzione verso un maggior uso della maggioranza qualificata", ha annunciato il ministro per gli Affari Ue Clement Beaune, nel ruolo di rappresentante del Consiglio Ue. L'apertura della presidenza francese è un assist a chi, dall'Italia alla Spagna, non disdegnerebbe il superamento dell'unanimità in una serie di temi. Mantenendo la regola, invece, per decisioni 'costituzionali' o di particolare rilevanza per l'Unione, come l'adesione di nuovi Stati membri. L'impegno di Emmanuel Macron è che se ne parli al summit europeo del 23 e 24 giugno. La Commissione, già la settimana prossima, farà una prima comunicazione sulle proposte della Conferenza sul futuro dell'Europa. La presidenza francese ha suggerito una strada: non c'è bisogno di modificare i Trattati per accogliere tutte le proposte della Cofoe: in tanti casi potrebbe bastare anche cambiare i regolamenti legati ai Trattati stessi. Anche perché, per modificare le basi dell'ordinamento giuridico europeo è necessaria il sì di tutti, Ungheria inclusa.
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