Shinzo Abe, morto oggi a Nara dopo essere stato colpito dai proiettili sparati da un ex militare 41enne, è stato il primo ministro più longevo politicamente nella storia del Giappone post-bellico con la doppia esperienza alla guida del governo, finita sempre per motivi di salute: nella prima, a cavallo tra il 2006 e il 2007, conquistò il titolo di premier più giovane ad approdare alla Kantei, mentre nella seconda consolidò il record alla guida del governo, dal 2012 al 2020. L'ex premier, 67 anni, fa parte di una delle famiglie politiche più blasonate del Giappone, del partito Liberal Democratico (Jiminto). Suo nonno Nobusuke Kishi fu primo ministro dal 1957 al 1960, dopo aver passato tre anni nel carcere di Sugamo alla fine della Seconda guerra mondiale sospettato (ma mai processato) di essere un criminale di Classe A avendo ricoperto l'incarico di ministro durante il gabinetto in tempo di guerra. Mentre suo fratello, Nobuo Kishi, è l'attuale ministro della Difesa. Abe, un convinto conservatore, si è battuto per il superamento del pacifismo costituzionale, promuovendo il processo di rafforzamento delle capacità difensive nipponiche accelerate ora dall'attuale esecutivo di Fumio Kishida, tra l'aggressione dell'Ucraina da parte della Russia e la minaccia crescente della Cina. Fu sua, in particolare, la spinta per l'approvazione delle leggi per consentire al Giappone di esercitare il diritto di "autodifesa collettiva" o di aiutare militarmente un alleato sotto attacco, creando irritazione e sospetti nei Paesi vicini, non solo in Cina ma anche in Corea del Sud. Abe salì al potere nel 2012 chiudendo l'esperienza del partito Democratico con la sua 'Abenomics': un pacchetto di politiche espansive e di riforme per tentare di sollevare il Paese dalla cronica deflazione e per rilanciarne la crescita economica con una politica monetaria accomodante e una spesa fiscale enorme, insieme a interventi strutturali per far fronte al rapido invecchiamento della popolazione.
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