Alla fine l'ha spuntata l'Aiea. Dopo aver lanciato l'allarme sulle condizioni di sicurezza a Zaporizhzhia, denunciando che "l'integrità fisica della centrale" nucleare più grande d'Europa "è stata ripetutamente violata" in questi mesi di guerra in Ucraina, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica ha ottenuto di poter lasciare stabilmente due dei suoi ispettori nell'impianto, al termine della prima missione di monitoraggio, che si concluderà tra domenica e lunedì.
Una "presenza permanente" auspicata con forza dal direttore generale dell'ente, Rafael Grossi, che ha ottenuto il disco verde da Mosca, dopo che i filorussi che da inizio marzo controllano la struttura erano a lungo apparsi restii ad ammettere figure esterne, ostacolando fino all'ultimo l'arrivo degli esperti dell'Onu attraverso il territorio controllato da Kiev. "Due persone rimarranno nell'impianto su base permanente. Lo apprezziamo, poiché la presenza internazionale è chiamata a dissipare numerose speculazioni sullo stato delle cose", ha spiegato Mikhail Ulyanov, rappresentante permanente della Russia presso le organizzazioni internazionali a Vienna, tra cui l'Aiea. Entro lunedì lasceranno invece l'impianto i 5-6 ispettori rimasti per "indagare più a fondo" sulla situazione, dopo la partenza degli altri membri della delegazione di 14 esperti arrivata giovedì. Nel frattempo, dopo poco più di 24 ore, è stato riattivato il reattore numero 5, spento dal sistema d'emergenza dopo i raid nelle vicinanze. Sull'esito della missione continua però il braccio di ferro tra le parti. Dopo aver richiesto una riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu con la partecipazione proprio del capo dell'Aiea, Mosca ha insistito sull'importanza di comunicare "alla comunità internazionale" quanto scoperto dai tecnici, che hanno "avuto accesso dovunque abbiano voluto".
Da inizio luglio le forze ucraine, "usando armamenti occidentali, attaccano regolarmente la centrale", creando "un rischio reale di disastro nucleare in Europa", ha denunciato il ministro della Difesa Serghei Shoigu. E solo all'arrivo dei tecnici dell'Onu, hanno sottolineato i filorussi, Kiev ha smesso di bombardare. Accuse rispedite al mittente dagli ucraini, secondo cui "gli occupanti" hanno fatto "ogni sforzo per impedire alla missione dell'Aiea di conoscere il reale stato delle cose nella centrale", diffondendo "manipolazioni e false informazioni". Nell'area di Zaporizhzhia, in ogni caso, gli scontri sono proseguiti, compresi i raid nel distretto di Energodar, la cittadina che ospita l'impianto, mentre Kiev ha rivendicato di aver colpito sistemi militari nemici. Intanto, sul conflitto ormai entrato nel settimo mese, con gli sforzi di Kiev sempre più concentrati sulla controffensiva a sud nella regione di Kherson, tornano ad alzarsi i toni tra Mosca e Washington. "Mettiamo in guardia gli Usa dal fare passi provocatori, compresa la fornitura all'Ucraina di armi di sempre più lunga gittata e più distruttive", ha detto il viceministro degli Esteri russo Serghei Ryabkov, affermando che c'è ormai solo una "sottilissima linea a separare gli Stati Uniti dal diventare una parte in conflitto" e "le sfacciate forze anti-russe non devono illudersi che tutto rimarrà immutato, una volta che quella linea sarà stata superata".
Nel frattempo, continuano a farsi sentire anche gli effetti geopolitici della guerra, compreso l'ulteriore avvicinamento tra Russia e Cina. A partire da domenica, Vladimir Putin sarà in viaggio nell'estremo oriente russo - dalla Kamchatka a Vladivostok - per partecipare a diversi incontri economici e supervisionare la fase finale delle maxi esercitazioni militari Vostok 2022 (Est 2022), cui partecipano circa 50 mila soldati, 140 aerei da combattimento e 60 unità navali. Manovre a cui Pechino ha inviato un'imponente delegazione militare, con oltre duemila soldati e 300 mezzi, e, per la prima volta a un ciclo di operazioni a guida russa, rappresentanze di Esercito, Marina e Aeronautica.
"Noi come Santa Sede restiamo sempre aperti a tutti, per offrire a tutti la possibilità di incontrarsi e superare le contrapposizioni", ha detto il Segretario di Stato vaticano, il card. Pietro Parolin, a Tg2 Post. Parlando della guerra in Ucraina ha sottolineato: "Siamo aperti agli aggressori e agli aggrediti per arrivare a un negoziato, ad una tregua e a una pace duratura".
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