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Se la protesta del velo passa dallo sport

Dalla pattinatrice Niloufar Mardani alla scalatrice Elnaz Rekabi, i gesti che hanno amplificato le critiche al regime iraniano

Redazione Ansa

di Simona Tagliaventi

Nel nome di Mahsa, nel nome della libertà, nel nome dei capelli sciolti, lunghi, corti, lisci, ricci, biondi, rossi, castani, neri. E legati o nascosti solo per scelta. A migliaia in Iran scendono da settimane per le strade delle città a tu per tu con la polizia, pronti a morire contro l'imposizione del velo che copre le chiome delle donne. E non sono disposti a mollare. Come la giovane 22enne, molti sono morti senza però che questo fermasse la protesta. E il mondo dello sport, che sa di avere a disposizione lo strumento più importante per diffondere le notizie, la telecamera, non si è tirato indietro e sta diventando il migliore alleato di chi scende in piazza. Una protesta pacifica che fa più rumore di qualunque arma.

L'arrampicatrice Elnaz Rekabi aveva mostrato in una gara in Corea del Sud la sua chioma nera e si era dovuta pubblicamente scusare sostenendo che il velo le era caduto "inavvertitamente". Poi è stata la volta della nazionale di pallanuoto iraniana che si è rifiutata di cantare l'inno durante la prima partita dei Giochi asiatici contro l'India a Bangkok, in Thailandia. Come loro hanno fatto i giocatori della nazionale di Beach soccer per poi accompagnare la vittoria contro il Brasile  mimando il taglio di una ciocca di capelli. La tv iraniana ha immediatamente interrotto la diretta della partita che era in corso a Dubai. Coraggiosa anche la protesta di Niloufar Mardani, della nazionale iraniana di pattinaggio in velocità su pista, che a Istanbul è salita sul podio a capo scoperto indossando una maglia nera con su la scritta "Iran". "Non autorizzata", ha commentato duramente il regime di Teheran.

Alla fine di settembre i calciatori della nazionale iraniana, scesi in campo in Senegal per un'amichevole con l'Austria, hanno indossato giubbotti neri per coprire le proprie maglie. “Non posso più tacere” ha detto l'attaccante 27enne Sardar Azmoun, che gioca anche nel Bayern Leverkusen, in una storia di Instagram, aggiungendo: "La punizione può essere che mi escludano dalla squadra, ma è un piccolo prezzo da pagare, un sacrificio che farei anche per una sola ciocca di capelli di una donna iraniana. Vergognatevi per la facilità con cui uccidete le persone. Lunga vita alle donne iraniane".

Anche nel calcio femminile la giocatrice della Sepahan di Isfahan, Fatemeh Adeli, dopo un gol si è rivolta verso il pubblico mettendo una mano sugli occhi e l’altra sulla bocca, per ricordare la repressione del regime.

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