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Via libera di Berlino al Mes. L'Italia congela la decisione

Via libera alla ratifica, il presidente tedesco può firmare la legge

Redazione Ansa

Ancora il Mes. Il via libera di Berlino alla ratifica del fondo salvastati lascia isolata l'Italia, che resta l'unico fra i Paesi della zona euro a non aver ancora approvato la riforma. Ma per far decollare il meccanismo, l'unanimità è necessaria. Il governo non può più temporeggiare, come fatto finora: deve decidere se ratificare il trattato, e rimangiarsi la contrarietà e i dubbi di tutti i partiti della maggioranza, o dire no e mandare al macero un testo già approvato da tutti gli Stati europei. Ma continuano a "esserci riserve", avverte il ministro degli Esteri Antonio Tajani: Forza Italia, aggiunge, lo considera uno strumento "poco europeista".

Sono riserve che si aggiungono alla storica contrarietà della Lega di Matteo Salvini e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni a questo meccanismo. Solo qualche giorno fa in Parlamento tutti i partiti che sostengono l'esecutivo hanno approvato una mozione che ha congelato proprio il Mes, nonostante il titolare del Tesoro Giancarlo Giorgetti avesse assicurato a novembre di essere pronto a confermare gli impegni presi in precedenza dall'Italia a favore della ratifica.

Hanno gioco facile le opposizioni che tornano ad attaccare, convinte che il tempo degli "alibi" sia finito: lo stop al ricorso contro la ratifica presentato da sette deputati liberali tedeschi consentirà ora al presidente della Repubblica tedesca di firmare la legge. Il Bundestag e il Bundesrat hanno infatti già dato, a maggioranza semplice, il proprio via libera. Oltre all'Italia, a dire il vero, manca anche la Croazia che però entrerà nell'area euro solo a partire dal 2023.

Il tema sul tavolo è molto tecnico. Gli Stati membri della zona euro che si trovano in difficoltà possono beneficiare di assistenza finanziaria, concessa a condizioni rigorose che arrivano a comprendere misure relative alla politica di bilancio, economica e finanziaria. Tra le novità della riforma, c'è quella di attribuire al Mes la possibilità di fornire una rete di sicurezza (backstop) nell'ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie. Eppure il tema è stato negli anni molto politicizzato e questo - ragionano fonti di governo - rende più difficile affrontare la discussione. Ad ora - raccontano le stesse fonti - decisioni definitive ancora non sarebbero state prese. Nei fatti, osservano i più pragmatici, si tratterebbe solo di ratificare la riforma, una scelta che non implica di chiedere l'accesso al fondo salvastati. Le parole del responsabile della Farnesina confermano però la diffidenza e la contrarietà dei partiti di centrodestra nei confronti di questo strumento. L'accusa di Forza Italia si appunta da sempre sul "mancato controllo di chi guida il Mes da parte del parlamento europeo".

La posizione della Lega viene affidata alle parole in latino del leghista Claudio Borghi ("Hic manebimus optime", scrive su Twitter) che sembrano voler dire che non sia necessario fare una mossa. E che dunque si possa anche non ratificare il Mes. D'altra parte, nel corso del dibattito anche recente sul fondo Salva stati, il partito di via Bellerio non ha mai nascosto la propria diffidenza verso quello che è considerato uno strumento che "incorpora quanto di più inopportuno la politica economica europea abbia proposto negli ultimi dieci anni", come ha sottolineato la deputata Laura Cavandoli in Aula alla Camera. E certo non è stata meno netta la posizione di FdI, dichiarata in più occasioni dall'attuale premier Giorgia Meloni quando era all'opposizione. Le condizioni poste sono "troppo stringenti" ha osservato la sottosegretaria al Mef e esponente di Fratelli d'Italia Lucia Albano rivolgendosi la scorsa settimana ai depuati in Aula.

Il rischio - mettono in guardia le opposizioni - è l'solamento dell'Italia: Pd, Azione e Più Europa chiedono all'esecutivo di non aspettare ancora e di mettere la firma sotto il Trattato. Il M5S, che su questo fronte non ha sempre avuto una posizione compatta, provoca la premier: "ci dobbiamo aspettare un'ennesima marcia indietro, a conferma dell'enorme differenza che c'è tra la Giorgia Meloni che urlava all'opposizione e quella che oggi deve governare il Paese?"   

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