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Il G7 blinda l'Ucraina, Zelensky ora parla di successo

Kiev incassa garanzie di sicurezza: 'Nella Nato dopo la guerra'. Lavrov: 'Schemi da Guerra Fredda' 

Redazione Ansa

Magari non sarà proprio "storico" come va ripetendo il segretario generale Jens Stoltenberg, ma il summit di Vilnius della Nato si chiude con diversi risultati concreti. Soprattutto per l'Ucraina.


Tutto bene dunque per quanto, indubbiamente, una parte dei leader si è dimostrata infastidita, privatamente e a volte persino pubblicamente, per l'uscita sopra le righe del presidente ucraino su Twitter e quell'accusa di "assurdità" alla mancanza di un chiaro calendario per l'ingresso nell'Alleanza. Stoltenberg, dopo l'inaugurazione del Consiglio Nato-Ucraina, ha notato come Kiev "non sia mai stata più vicina di così" al Patto Atlantico e che gli alleati la sosterranno sia nel vincere la guerra - a Vilnius si sono susseguiti nuovi annunci di forniture militari, dalla Francia alla Germania - sia nell'attuare le riforme. Perché l'Ucraina deve fare i compiti a casa e su questo non si scappa.


Il ministro della Difesa britannico Ben Wallace è però tra quelli che non si è trattenuto e, seppur bonariamente, ha incoraggiato gli ucraini a mostrare un po' di "gratitudine" verso le opinioni pubbliche occidentali e non considerarle solo alla stregua di un "magazzino Amazon" da dove partono le consegne dei pacchi pieni di armi. Ecco, persino Joe Biden - pur lodando il popolo ucraino per "il coraggio che sta ispirando il mondo" - ha mostrato un certo fastidio.


"Tutti gli alleati concordano che l'Ucraina sarà un giorno nella Nato", ha sottolineato nel corso della cerimonia di presentazione delle garanzie di sicurezza del G7. "Non credo che sia una sorpresa per nessuno di noi qui e spero che non sia una sorpresa per lei, signor presidente". Parole sibilline. "Aiuteremo l'Ucraina a costruire forti strutture di difesa, di cielo, mare e terra, in modo che diventi una fonte di stabilità nella regione", ha chiosato Biden. "Ed è una potente dichiarazione per l'Ucraina". In effetti il documento del G7 è sostanzioso. I leader si impegnano a garantire una "fornitura continua di equipaggiamento militare moderno", che comprenderà navi, jet, difesa missilistica, artiglieria e armi "a lungo raggio" attraverso "impegni e accordi di sicurezza bilaterali allineati a questo quadro multilaterale, in conformità con i nostri rispettivi requisiti legali e costituzionali".

Prima del pieno ingresso nella Nato - "nessuno vuole una guerra mondiale, lo capiamo, ma chiediamo segnali per galvanizzare la nostra gente e siamo pronti ad entrare al termine del conflitto", ha detto Zelensky - si apre dunque per l'Ucraina il modello israeliano-porcospino: armi fino ai denti per diventare un boccone indigesto alla Russia. Tant'è vero che il Cremlino ha reagito con rabbia. "È un passo estremamente errato e potenzialmente molto pericoloso, così facendo il G7 viola la nostra sicurezza", ha tuonato il portavoce di Vladimir Putin, accreditando indirettamente la strategia occidentale e perdendo forse l'occasione per mettere in risalto l'insoddisfazione ucraina per un cronoprogramma più stringente.

 Il vertice Nato a Vilnius ha mostrato che l'Alleanza è tornata agli schemi della Guerra Fredda. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov come riportato dalla Tass aggiungendo che "Mosca studierà attentamente i risultati del vertice e risponderà alle minacce al meglio delle sue possibilità". Secondo il ministro degli Esteri i Paesi Nato si sono impegnati a fornire armi a più lungo raggio all'Ucraina con l'obiettivo di "prolungare la guerra di logoramento".

Ma l'accordo siglato al G7, aperto ad altre nazioni che vogliono sottoscriverlo, non è solo una mossa a favore dell'Ucraina e un avvertimento alla Russia (non conti sul fattore tempo perché gli alleati sono pronti alla maratona); lo è pure per consolidare il fronte interno. La premier estone Kaja Kallas ha detto in chiaro quello che altri confidano negli a margine del vertice: "Mettere per iscritto" questi impegni di sicurezza serve a chiarire che la linea non cambierà "anche se ci dovessero essere dei cambi di governo dopo le elezioni". E non a caso molti dei Paesi firmatari vogliono portare l'accordo nei parlamenti per la ratifica. Un riferimento che pare tarato sulle presidenziali Usa del prossimo anno con lo spettro di un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Per chiudere. La diatriba Nato-Zelensky si è presto ricomposta e lo stesso presidente ucraino ha dato risalto ad alcuni dettagli sinora ignorati (soprattutto da lui). Ovvero che il Consiglio Nato-Ucraina, ad esempio, è "uno strumento d'integrazione" e questo "dovrebbe darci lo spirito giusto".

 

 

 

 

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