I droni kamikaze iraniani utilizzati dalla Russia nella guerra in Ucraina contengono più di 50 componenti europei: è quanto emerge da un documento top secret inviato da Kiev ai governi del G7 in agosto, in cui il governo ucraino lancia un appello affinché vengano distrutti con missili a lungo raggio siti di produzione in Russia, Iran e Siria. Il documento di 47 pagine, ottenuto dal Guardian, afferma che tra maggio e luglio la Russia ha lanciato più di 600 raid aerei sulle città ucraine utilizzando droni contenenti tecnologia occidentale.
Secondo il documento, 52 componenti elettrici prodotti da aziende occidentali sono stati trovati nel drone Shahed-131 e 57 nel modello Shahed-136, che ha un'autonomia di volo di 2.000 km e una velocità di crociera di 180 km orari.
Cinque aziende europee, tra cui la filiale polacca di una multinazionale britannica, sono indicate come i produttori dei componenti identificati. "Tra i produttori ci sono aziende con sede nei Paesi della coalizione per le sanzioni: Stati Uniti, Svizzera, Paesi Bassi, Germania, Canada, Giappone e Polonia", si legge nel documento.
Sempre secondo il rapporto, l'Iran ha già diversificato la propria produzione utilizzando una fabbrica siriana nel porto russo di Novorossiysk (sud-ovest) ma la produzione di droni si sta spostando nella regione di Alabuga, nella Repubblica russa del Tatarstan, anche se Teheran continua a fornire i componenti.
D'altra parte, secondo il portavoce della Marina ucraina Dmytro Pletenchuk, i missili russi contengono da 30 a 50 component di origine straniera e se Mosca riuscirà ad aggirare le sanzioni occidentali, aumenterà la propria produzione. Lo riporta oggi Rbc-Ucraina.
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