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A Gerusalemme, tra incredulità e attesa - IL REPORTAGE

Città Vecchia svuotata, resistono i pellegrini, anche italiani

Ebrei ortodossi al Monte degli Ulivi, Gerusalemme

Redazione Ansa

 Gerusalemme si è svegliata all'alba con il suono delle sirene. Nitide quanto inattese. Fino a ieri le strade brulicavano di ebrei ortodossi accorsi per la festa di Sukkot, oltre alle migliaia di turisti e pellegrini.
    Oggi è una città frastornata, tra incredulità e attesa per quello che accadrà da qui alle prossime ore. E soprattutto è una città che con il passare delle ore si è svuotata. La maggior parte della popolazione locale ha scelto di stare in casa. Nelle stradine interne alla Porta di Jaffa quasi tutti i ristoranti hanno chiuso e non ci sono più neanche i venditori ambulanti di bagel e falafel, lo street food più gettonato da queste parti.
    Diversi i gruppi di italiani presenti a Gerusalemme dove le strade sono vuote, in una atmosfera sospesa, anche se i luoghi di preghiera non sono deserti. Si prega al Kotel (il Muro del Pianto) anche se con presenze limitate rispetto al normale, al Santo Sepolcro dove la fila per entrare nell'Edicola è chilometrica come sempre, e sulla Spianata delle Moschee, ma l'accesso ai non musulmani oggi non era facile.
    Per il resto la Gerusalemme caotica e confusionaria, dove la maggior parte della vita si svolge in strada, si è trasformata in quella della paura, del sospetto, dell'attesa. I negozi israeliani erano chiusi per Shabbat. Ma anche quelli gestiti dagli arabi nella Città Vecchia hanno pian piano abbassato le serrande.
    Padre Ibrahim Faltas è il vicario della Custodia di Terra Santa. Davanti alla chiesa di San Salvatore, su una strada oggi vuota come ai tempi del lockdown per il Covid, alla domanda di come veda la situazione risponde: "È orribile". Poi consiglia: "State molto attenti, evitate di girare troppo", e ci spiega nei dettagli le zone da evitare assolutamente. Il francescano, egiziano di nascita, è qui da 35 anni e nel 2002 ha vissuto l'assedio nella Basilica della Natività a Betlemme. Conosce questa terra come le sue tasche ma oggi non nasconde una preoccupazione particolare. Quello che si teme a Gerusalemme non è tanto l'attacco dai cieli, pur con il suono delle sirene e i colpi della contraerea, perché è la città santa di tutti e nessuno vuole credere che possa davvero essere bombardata. Il pericolo potrebbe arrivare dalle strade, dove gli animi, da una parte e dall'altra, da sempre convivono in un difficile equilibrio.
    Per molti pellegrini italiani oggi è comunque il momento di rivedere i percorsi ma non c'è l'idea di tornare a casa. Si cerca di resistere come anche fanno alcune sparute botteghe che vendono rosari, presepini, incensi e altra paccottiglia devozionale. Alcuni luoghi religiosi sono rimasti chiusi, come il Cenacolo, e sono state sospese tutte le gite verso Betlemme che da Gerusalemme dista una decina di chilometri ma è nei Territori dove la situazione può diventare da un momento all'altro incandescente. Per il resto, dice fra Jakab Varnai, il francescano ungherese responsabile del cosiddetto Cenacolino, "diciamo ai pellegrini di proseguire le loro visite prestando però la massima attenzione".

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