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La parola della settimana: terrore (di Massimo Sebastiani)

L'etimologia ci porta lontano e ci parla di una parola che indica movimento, agitazione, tremolio

Parola della settimana

Redazione Ansa

Per chi ha ancora vivi i ricordi degli studi fatti a scuola, dove fra le altre cose dovremmo imparare a conoscere un po’ di storia anche per saper interpretare il presente, il terrore è uno solo: quello che si è guadagnato la T maiuscola perché indica, proprio come Risorgimento o la Liberazione, un periodo storico ben definito e delimitato. E’ il breve periodo della storia francese che va dal maggio 1793 al luglio 1794 e rappresenta una fase storica, per alcuni una degenerazione, per altri una conseguenza inevitabile, della rivoluzione francese.

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La sua caratteristica famigerata fu il numero incredibile di esecuzioni, la spietata repressione del dissenso che conduceva dritti alla ghigliottina e dunque il diffuso sentimento del terrore non solo fra tutti coloro che erano oppositori dichiarati dei giacobini, la fazione di cui era espressione il Comitato di salute pubblica, ma fra tutti gli altri, per un tipico meccanismo di sospetti e paranoia caratteristico delle dittature di qualunque colore, perché il sospetto appunto, sul quale fu promulgata una specifica legge, non ha per definizione confini. Poi negli anni ’70 del ‘900 e dopo il 2001, abbiamo fatto i conti con vari tipi di terrorismo, politico, militare, religioso. Compresi naturalmente il terrore dell’Isis e di Al Qaida e la relativa ‘guerra al terrore’, di cui oggi viviamo una replica dopo il biltz di Hamas in Israele e i delitti efferati di sui il gruppo politico-militare si è reso protagonista. Ma cos’è che spinge a diffondere il terrore?

Le parole, come abbiamo detto più volte all’interno di questo podcast, hanno una storia ma anche una geografia: vengono da un luogo, magari quello della radice della parola, e fanno un percorso che si svolge nel tempo e nello spazio. Le parole si spostano, proprio come i loro significati che possono cambiare colore, quando non addirittura capovolgersi. E così una parola che ha la sua origine nel sanscrito tras o tars, elementi che ritroviamo in espressioni come tremare o anche trasalire, e dunque indicano movimento e agitazione, finisce per essere definita in modo netto nell’Europa del XVIII secolo per indicare quel sentimento di eccezionale paura che colpisce le persone quando sentono che possono tutte, senza distinzione, diventare obiettivo di una cosiddetta giustizia radicale e spietata.

Quello di cui parla De Andrè nella canzone il Bombarolo è un terrore diffuso cui il cantautore sembra voler contrapporre l’azione scomposta di un individualista disperato, il cui scopo è quello di restituire un terrore che viene utilizzato da altri per tenere ‘prigioniera’ un’intera comunità. Ed è chiaramente una canzone figlia dei tempi ma al tempo stesso in anticipo sui tempi: è contenuta nell’album Storia di un impiegato del 1973, quando di bombe in Italia ne erano già esplose diverse ma il terrorismo, termine direttamente derivato da terrore con una chiara coloritura politica, avrebbe avuto vita ancora lunga sia con le bombe (è di un anno dopo, nel ’74, la strage di piazza della Loggia a Brescia) sia con pistole e Kalashnikov o Scorpion (l’arma che uccise Aldo Moro).

Ma per il terrore il punto non sono le armi: si possono usare razzi e missili ma anche, come si è visto al di là del confine tra la Striscia di Gaza e Israele, coltellacci (come già aveva fatto l’Isis con le decapitazioni dimostrative degli americani Daniel Pearl in Pakistan o James Foley in Siria) e deltaplani. L’importante è l’obiettivo, che ci riporta all’origine della parola per modificarla: terrore deriva dal latino terrere cioè atterrire. Non è paura, è molto di più. La prima, cui abbiamo accennato a proposito della parola panico, è un’emozione primaria che ci serve per darci la scossa necessaria a combattere o fuggire.

Il terrore invece, che genera tremito, ci agghiaccia, ci paralizza. Quando qualcuno vuole terrorizzare, lo fa per immobilizzarci, paradossalmente (rispetto all’etimologia) per non farci muovere: nell’ampia famiglia che comprende anche timore, ansia, paura e panico è questo il senso specifico del terrore, almeno per gli psicologi. In fondo non è quello che vogliono anche i vari re del Terrore che abbiamo frequentato negli ultimi 100 anni ma per fortuna nel mondo dell’immaginazione (da Diabolik a Stephen King e Alfred Hitchcock)? 

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